LO SBARCO DI ANZIO
Al
termine della conferenza di
Teheran il generale Dwight
Eisenhower, fino ad allora comandante supremo nel teatro del
Mediterraneo, fu designato comandante supremo delle forze di
spedizione alleate in Europa e
comandante in capo dell'operazione
Overlord.
Il generale statunitense fu sostituito nel precedente incarico
prima da Henry
Maitland Wilson,
che mantenne il posto per circa un anno, e quindi dal generale
britannico Harold
Alexander per
il resto del conflitto. Il Mediterraneo diventò dunque un teatro
d'operazioni prevalentemente britannico e considerato dagli
americani secondario rispetto a Overlord: il cosiddetto secondo
fronte al
quale essi rivolgevano il massimo sforzo organizzativo e
materiale.
Nonostante ciò, il primo
ministro britannico Winston
Churchill riuscì
a convincere gli Stati Uniti dell'utilità di una pressione
costante anche sul fronte italiano e nel Mar Egeo; Eisenhower,
continuamente interpellato, concesse di distaccare nel
Mediterraneo 68 degli LST destinati
a Overlord fino a metà gennaio, allo scopo di facilitare la
conquista di Roma.
In seguito sarebbero stati presenti i mezzi necessari per il
previsto sbarco nella Francia del sud (operazione
Anvil,
decisa anch'essa a Teheran), che sarebbero stati poi trasferiti
in Gran Bretagna in vista dell'invasione della Normandia. I
dettagli furono elaborati durante la conferenza
del Cairo,
alla cui conclusione gli americani rimasero fermamente decisi a
seguire la strategia precedentemente concordata: dopo la caduta
di Roma il XV Gruppo d'armate di Alexander, schierato in Italia,
avrebbe potuto avanzare verso nord fino alla linea Pisa-Rimini,
ma le forze disponibili sarebbero state ridotte a vantaggio
dello sbarco in Francia meridionale. L'impegno principale
alleato avrebbe dovuto concentrarsi in Europa occidentale.
In Italia, tuttavia, l'avanzata
degli Alleati era divenuta sempre più difficoltosa; fin
dallo sbarco a Salerno la campagna aveva incontrato l'aspra
resistenza della Wehrmacht e lo sfondamento della "linea
invernale" tedesca, che il feldmaresciallo Albert
Kesselring (Oberbefehlshaber Süd) aveva predisposto fra Gaeta e Ortona,
si era rivelata più difficile del previsto. La linea invernale
era formata da una serie di avamposti disposti in profondità,
chiamati in codice linea
Barbara;
dietro si trovava la linea
Bernhardt ancorata
sulle colline intorno a Cassino,
che sfruttava al massimo le difese naturali del Garigliano e
del fiume
Rapido.
Queste due linee rappresentavano le fasce meglio munite della linea
Gustav,
che coincideva con il fronte tedesco che tagliava in due la
penisola a sud di Roma. Sul lato orientale dello schieramento
alleato la veterana VIII
Armata del
maresciallo Bernard
Montgomery riuscì
a passare il fiume Sangro,
ma non sfruttò il successo a causa della tenace resistenza
tedesca a Ortona e
delle incessanti piogge che resero impraticabile il terreno
pianeggiante; sul versante tirrenico combatteva la V
Armata del generale Mark
Clark,
che avanzò fino al fiume Garigliano. Da qui gli americani
avrebbero potuto marciare lungo la valle
del Liri,
superare Montecassino e
quindi lanciarsi su Roma. Ma le strade lungo il fiume erano
dominate dalle vette di monte
Camino (comprendente
le cime di monte La Defensa, monte la Remetanea e monte
Maggiore), Rotondo e Sammucro, che i tedeschi avevano
convenientemente presidiato. Fu necessario scalare ciascuna
altura e conquistarla in una serie di durissimi combattimenti
tra il 29 novembre e il 21 dicembre.Solo il 5 dicembre Clark
avanzò fino a Cassino, ma lì la tenace ed efficace difesa
opposta dai paracadutisti della Fallschirm-Panzer-Division
"Hermann Göring" obbligò
gli Alleati a fermarsi, costringendoli a combattere una lunga e
dispendiosa battaglia di logoramento[7].
Il fallimento dei primi attacchi pose fine alle speranze di
Clark di avanzare rapidamente verso la capitale lungo la statale
6 "Casilina";
tuttavia il generale rimaneva fiducioso per l'immediato futuro,
giacché sapeva che sin dal 3 novembre era allo studio un piano
(appoggiato dal comandante supremo Eisenhower) per scardinare la
linea d'inverno: si trattava di far sbarcare una parte della V
Armata nella zona di Anzio,
50 chilometri a sud di Roma. Infatti, in linea con le decisioni
politiche, una rapida conquista di Roma e un'avanzata verso la
linea Pisa-Rimini avrebbe permesso agli Alleati di utilizzare
gli LST nel
Mediterraneo per l'operazione Anvil, la quale poteva partire
solo utilizzando i porti dell'Italia settentrionale.
Inizialmente il piano
approntato dal generale Alexander prevedeva un attacco in due
fasi, con l'VIIIª Armata che avrebbe superato Pescara e
sarebbe avanzata verso Avezzano,
portandosi a 80 chilometri a est di Roma. Secondo Alexander i
tedeschi, preoccupati da questa avanzata, sarebbero stati
costretti a spostare le loro forze e ciò avrebbe indebolito i
reparti che fronteggiavano Clark; questi avrebbe allora
attaccato a sua volta verso Frosinone,
sfondando attraverso Cassino (operazione
Raincoat).
Dopo aver ottenuto questi risultati, una divisione statunitense
avrebbe eseguito l'operazione anfibia. Il piano avrebbe potuto
avere successo solo se le due armate, al più tardi entro Natale,
avessero rotto la linea Gustav, e lo sbarco ad Anzio avrebbe
potuto prendere il via solo se le forze di terra della V Armata
fossero state abbastanza vicine da poter dare rapidamente
supporto alla testa
di ponte.
Il XIV Panzerkorps del General
der Panzertruppe Fridolin
von Senger und Etterlin, però, resse l'urto sul fronte di
Cassino, e i massimi capi alleati compresero definitivamente che
per il momento era impossibile ottenere un successo decisivo in
Italia. A fine 1943 si verificò inoltre il previsto
avvicendamento tra Eisenhower e Maitland Wilson e infine, il 31
dicembre 1943, anche Montgomery lasciò l'Italia passando il
comando dell'VIII Armata al generale Oliver Leese.
Preparativi per
lo sbarco
Churchill però non rinunciò ai suoi ambiziosi piani strategici
nel Mediterraneo. Affermando che ormai troppe risorse erano
state dedicate alla campagna d'Italia perché si potesse
rinunciare a proseguire le operazioni, ripropose l'idea di uno
sbarco ad Anzio (in codice operazione "Shingle") ma con forze
superiori, allo scopo di rendere la testa di ponte inattaccabile
e possibilmente sfruttarla per distogliere truppe tedesche dalla
linea Gustav. Il nuovo piano, la «zampata di gatto» come egli la
definì prevedeva lo sbarco di due divisioni di fanteria,
operazione che necessitava di almeno ottanta LST, ma una
consistente parte di questi, dal 15 gennaio, sarebbero stati
spostati in Gran Bretagna per essere impiegati per l'operazione
Overlord. Churchill propose di tenere parte delle imbarcazioni
necessarie allo sbarco nella zona di Anzio , prolungando la loro
permanenza nel Mediterraneo per altre tre settimane. Nonostante
le obiezioni di Eisenhower, che considerava gli sbarchi in
Francia assolutamente prioritari, il presidente Franklin Delano
Roosevelt approvò i piani: il ritiro degli LST fu posticipato al
6 febbraio e Overlord da metà maggio al 4 giugno..
Nelle prime settimane del gennaio 1944 gli altri mezzi
occorrenti si riunirono nel porto di Napoli e negli ancoraggi
vicini. Churchill era riuscito a ottenere ottantotto LST, che
avrebbero sbarcato due divisioni e tutto il materiale di
accompagnamento, quindi una terza divisione in un secondo tempo.
I preparativi però furono inficiati dalla fretta, in quanto era
tassativo che gli sbarchi avvenissero prima della fine di
gennaio. I comandanti anglo-statunitensi rimanevano comunque
ottimisti in virtù della predominante supremazia aerea giacché
alla fine del 1943 disponevano in Italia di circa 2 000 velivoli
della 12ª Forza aerea del maggior generale Jimmy Doolittle,
parte della Northwest African Strategic Air Force, cui
la Luftwaffe poteva opporre appena 300 apparecchi al momento
dello sbarco. Ma l'aviazione dovette varie volte fare i conti
con il clima invernale: infatti non fu tanto la Luftwaffe a
impedire una efficace protezione alla testa di ponte, quanto le
avverse condizioni meteorologiche che bloccarono spesso il
decollo per missioni di guerra. Inoltre le truppe tedesche
avevano ormai imparato a muoversi e costruire durante la notte e
nei periodi di cattivo tempo, attutendo di fatto la superiorità
aerea alleata.
Quando il generale Clark fu informato del piano era il 12
gennaio, diciassette giorni prima dello sbarco inizialmente
previsto per il 29. L'intenzione era quella di approdare in
forze e marciare verso l'entroterra, in modo tale da tagliare le
vie di comunicazione dei tedeschi tra la parte settentrionale
della penisola e la linea Gustav; contemporaneamente la V Armata
sarebbe passata all'offensiva sul fronte di Cassino,
approfittando del sicuro ristanziamento di parte delle divisioni
tedesche per fronteggiare gli sbarchi ad Anzio e Nettuno. A quel
punto, gli statunitensi avrebbero vinto l'opposizione a Cassino
e chiuso la 10ª Armata tedesca con le truppe della testa di
ponte, opportunamente avanzate sino a chiudere le valli dei non
elevati Colli Albani: questa manovra avrebbe permesso a Clark di
uscire dalla situazione di stallo e precedere l'VIII Armata,
impantanata al di là degli Appennini, nella liberazione di Roma.
Il generale avrebbe infine potuto, per agevolare la sua
avanzata, adoperare la Strada statale 6 che partiva dalla valle
del Liri e attraversava la modesta catena appenninica, arrivando
direttamente a Roma.
Il piano era stato delineato, ma la sua preparazione fu
particolarmente superficiale. La 12ª Forza aerea, così come il
comandante della 1ª Divisione britannica William Penney, erano
convinti che l'obiettivo fossero i Colli Albani stessi, mentre
l'ordine di campo nº 119 emanato dal generale Lucas non
conteneva alcun accenno alle manovre susseguenti gli sbarchi.
La 3ª Divisione fanteria del generale Lucian Truscott, per
esempio, ebbe soltanto istruzioni di realizzare e fortificare la
testa di ponte, preparandosi dietro nuovo ordine ad avanzare
verso la città collinare di Velletri. Non meraviglia infatti il
giudizio del capo di stato maggiore di Clark,
generale Sir Charles Richardson, il quale scrisse sul suo
diario: «Anzio fu una cosa totalmente insensata fin dal primo
momento». Anche le esercitazioni di sbarco si conclusero con
esiti pessimi: i britannici mostrarono notevoli difficoltà a
effettuare sbarchi ordinati ed efficienti, gli americani
soffrirono una disarmante confusione nei ranghi della marina,
che sbagliò i tempi e i luoghi per le prove e perse
quaranta DUKW, affondati con diversi uomini e molto materiale.
Il generale Truscott inviò un rapporto allarmante a Clark circa
i risultati delle esercitazioni, ma egli rispose che non era
possibile effettuarne altre in quanto «[...] la data è stata
fissata ai massimi livelli. Non esiste alcuna possibilità di
rinviarla anche di un solo giorno. Proceda.».
Anche Lucas fu assai critico sul modo di procedere, forte delle
informazioni ricevute dall'intelligence del VI Corpo d'armata:
si stimava che al 29 gennaio le forze tedesche ad Anzio
sarebbero state pari a circa dodici battaglioni, una forza
destinata a crescere a ventinove nel giro di una settimana e a
più di cinque divisioni con 150 carri armati in sedici giorni.
Questi dati contrastavano con l'ottimismo del maresciallo
Alexander e del quartier generale alleato, dove si era convinti
che ci si sarebbe imbattuti in forze nemiche «in calo a causa
delle perdite, della stanchezza e di un probabile crollo
morale», le quali «non avrebbero combattuto a lungo, dopo la
prima metà di febbraio, la battaglia difensiva a sud di Roma».
Il generale Lucas invece riteneva la situazione molto più
delicata e, in riferimento all'operazione, scrisse un caustico
commento nei confronti di Churchill: «L'intera faccenda puzza di
Gallipoli, ed evidentemente sulla panchina dell'allenatore c'è
sempre lo stesso dilettante».
Dal canto loro i tedeschi manovrarono con abilità: dopo lo
sfondamento della linea del Volturno si ritirarono sulla linea
Gustav. In questo frangente sorsero nuovamente i contrasti fra
il feldmaresciallo Erwin Rommel, comandante supremo del Gruppo
d'armate B schierato in Italia settentrionale, e il
feldmaresciallo Kesselring che guidava il Gruppo d'armate C in
Italia centro-meridionale. Rommel era dell'avviso che la
penisola dovesse essere abbandonata al fine di cristallizzare la
difesa lungo gli Appennini tosco-emiliani, mentre Kesselring si
sentiva abbastanza forte per fronteggiare efficacemente gli
Alleati lungo la linea Gustav. Hitler alla fine appoggiò
Kesselring, il quale il 21 novembre 1943 assunse il comando
supremo di tutte le forze tedesche in Italia. Rommel fece
ritorno in Germania e la XIV Armata del Generaloberst Eberhard
von Mackensen, inizialmente dislocata nell'Italia
settentrionale, fu schierata a sud di Roma come riserva della X
Armata del Generaloberst Heinrich von Vietinghoff, che
presidiava il fronte di Cassino. L'operazione Shingle poggiava
sull'assioma che i tedeschi avrebbero sguarnito la Gustav per
fronteggiare gli sbarchi anfibi, ma gli Alleati non avevano
previsto che Kesselring potesse disporre di divisioni fresche
schierate in riserva a sud di Roma.
Le forze in campo
Per l'operazione fu schierato
il VI Corpo statunitense del maggior generale John Lucas,
articolato sulla 1ª Divisione fanteria britannica al comando del
generale Penney e sulla 3ª Divisione di fanteria dell'energico
maggior generale Lucian Truscott. Vi erano poi alcuni gruppi di
supporto come il 1º e 2º Battaglione ranger di William Darby, il
504º Reggimento di fanteria aviotrasportata del colonnello Reuben
Tucker,
l'83º Battaglione chimico, il Commando 9 dell'esercito
britannico e il Commando 43 dei Royal Marines. A Napoli erano
presenti altre due divisioni che sarebbero arrivate sulle
spiagge non appena i primi LST si fossero liberati dalle
operazioni iniziali ad Anzio si trattava della 1ª Divisione
corazzata e della 45ª Divisione di fanteria statunitensi, al
comando rispettivamente del maggior generale Ernest
Harmon e
del maggior generale William
Eagles.
Esse rappresentavano la forza che Lucas avrebbe potuto impiegare
per lo sfruttamento del successo, a patto che la testa di ponte,
nei primi giorni, fosse ben consolidata sì da permetterne uno
sbarco agevole. In totale le forze destinate a "Shingle"
contavano 110 000 uomini.
È peraltro utile sottolineare
che era stato predisposto un attacco concomitante alla linea
Gustav, in modo da esaurire le riserve tedesche e facilitare la
costituzione di un perimetro difensivo, quindi una decisa
penetrazione nelle retrovie tedesche. Anzio doveva essere «il
sinistro che avrebbe messo knock-out le forze tedesche».
Alexander e Clark decisero di dare il via ai combattimento sulla
Gustav una settimana prima degli sbarchi, selezionando un'area
particolarmente ben fortificata: l'assalto avrebbe avuto inizio
la notte del 17 gennaio lungo il corso del fiume Garigliano,
dove avrebbe attaccato il X Corpo d'armata britannico, seguito
il 20 gennaio da un attacco del II Corpo statunitense. I
generali puntavano a superare il fiume Rapido e inoltrarsi nella
valle del fiume Liri, sperando in tal modo di protendere un
profondo saliente verso la testa di ponte in via di formazione,
con buone prospettive di un rapido ricongiungimento.
I tedeschi
I tedeschi avevano occupato la regione di Anzio e Nettuno subito
dopo l'armistizio di Cassibile dell'8 settembre, poiché
provvista di alcune batterie costiere; evacuarono la popolazione
dalle case prospicienti al mare e iniziarono i preparativi per
distruggere il porto. Inoltre requisirono molte abitazioni per
le truppe del presidio e per i soldati di ritorno dal fronte.
Con il sopraggiungere dell'inverno e l'impossibilità degli
Alleati di tentare operazioni incisive lungo la dorsale degli
Appennini, il feldmaresciallo Kesselring decise di lasciare
praticamente sguarnito il settore centrale e impiegare il grosso
delle sue truppe sui versanti del Tirreno e dell'Adriatico. Le
truppe presenti in Italia, prelevate dalla riserva mobile
dell'OKW, erano di eccellente qualità e tali rimasero per tutta
la durata della campagna d'Italia: in ottobre erano schierate
la 3. e la 15. Panzergrenadier-Division contro la 5ª Armata; la
Fallschirm-Panzer-Division "Hermann Göring" formava la riserva,
mentre il più esteso fronte adriatico era presidiato dalla 16.
Panzer-Division, 26. Panzer-Division, 29. Panzergrenadier, la 1.
Fallschirmjäger-Division e due divisioni di fanteria. Quando il
30 gennaio Lucas tentò di avanzare trovò la strada sbarrata
dalla XIV Armata tedesca del generale von Mackensen, di nuova
costituzione; schierata come riserva strategica e a protezione
delle probabili zone di sbarco lungo la costa, al momento del
primo contrattacco contro la testa di ponte di Anzio poté
schierare trentatré battaglioni di fanteria.
Kesselring, nonostante la sorpresa iniziale, reagì con grande
rapidità e attivò subito il cosiddetto Fall Richard ("caso
Richard"), la pianificata reazione a un probabile sbarco sulla
costa tirrenica: in pochi giorni affluirono nel settore della
testa di ponte di Anzio il I Corpo d'armata paracadutisti con la
Panzer-Division "Hermann Göring" e la 4.
Fallschirmjäger-Division, il LXXVI Panzerkorps - formato dalla
26. Panzer-Division, dalla 3. e dalla 29.
Panzergrenadier-Division - e quattro divisioni di fanteria,
distaccate su ordine dell'alto comando dall'Italia
settentrionale e dai Balcani. Il 23 gennaio 1944 il generale von
Mackensen assunse il comando della XIV Armata incaricata di
organizzare queste divisioni e contrastare le forze alleate
sbarcate ad Anzio le truppe tedesche giunsero sul posto
rapidamente e già il 29 gennaio erano numericamente superiori
alle forze di Lucas.
I tedeschi, seppur limitatamente, poterono contare sul supporto
di reparti della Repubblica Sociale Italiana, tra cui mezzi
d'assalto della ricostituita Xª Flottiglia
MAS e aerosiluranti del Gruppo Aerosiluranti
"Buscaglia-Faggioni", che sul fronte operarono alcuni attacchi
contro le unità navali davanti ad Anzio Per quanto riguarda le
azioni in mare dopo l'armistizio, «un certo numero di
barchini MTSM e MTSMA insieme a una squadriglia di MAS vennero
[...] avviati verso sud», dopo che «l'insuccesso dei mezzi
subacquei d'assalto germanici contro il naviglio alleato ad
Anzio indusse a lanciare all'attacco i mezzi italiani con
equipaggi formati dalla ben più sperimentata Xª MAS». Anche
diverse unità terrestri della RSI risultarono impiegate al
fronte, soprattutto da marzo a giugno 1944. Inizialmente, a
febbraio, si trovava inquadrato nella 14ª Armata il solo
Battaglione paracadutisti "Nembo", il quale partecipò
all'offensiva di quel mese nel settore del fosso della Moletta;
a marzo furono aggiunti il Reggimento arditi paracadutisti
"Folgore" (che il 4 giugno combatterono duramente lungo
la statale Pontina all'altezza di Castel di Decima),
il Battaglione "Barbarigo" (posizionato lungo il Canale
Mussolini dinanzi alla 1st Special Service Force) e il 2º
Battaglione SS "Vendetta", composto da soldati italiani
collaborazionisti e stanziato nel settore di Cisterna di Latina.
Lo sbarco
Venerdì 21 gennaio, alle 17:20, la flotta
del contrammiraglio Thomas Troubridge diretta ad Anzio levò le
ancore dal porto di Napoli e, dopo una finta verso sud, prese il
largo. Alle 00:04 del D-Day, con quattro minuti di ritardo, le
prime imbarcazioni alleate gettarono l'ancora a 5 chilometri dal
litorale e iniziarono le operazioni di sbarco, favorite
dall'assenza di vento e dal mare calmo. La 1ª Divisione
britannica, sul fianco sinistro, sbarcò a 8 chilometri a nord di
Anzio su un ampio tratto di litorale denominato Peter Beach,
adiacente all'attuale località del Lido dei Gigli e suddiviso da
nord a sud come Red, Yellow e Green Beach;
i genieri si dedicarono subito a disinnescare le mine sulla
riva. Ben presto migliaia di uomini avanzarono verso bosco
Padiglione, imbattendosi soltanto in uno sparuto gruppetto di
tedeschi fatti prigionieri mentre ancora dormivano; le
operazioni di scarico, frattanto, erano rallentate e sulle
spiagge vi era una certa confusione. Sull'ala destra, dove si
stendeva la X Ray Beach, la 3ª Divisione fanteria
statunitense sbarcò poco più a sud di Nettuno nei settori Red e Green,
estesi fino a Torre Astura, mentre i ranger penetrarono verso il
casinò Paradiso a nord di Anzio dopo essere approdati nel
settore Yellow (situato tra Anzio e Nettuno). Adoperando
brevemente alcuni lanciafiamme, i ranger ottennero la resa di
una batteria antiaerea lì posizionata e fecero diciannove
prigionieri; nel frattempo, il distaccamento di genieri loro
aggregato rimosse dal molo del porticciolo di Anzio oltre 20
tonnellate di esplosivo, piazzato dai tedeschi in previsione
della sua demolizione.
Alle 03:05 il generale Lucas, che a bordo della nave
ammiraglia anfibia USS Biscayne osservava lo sbarco con
il cannocchiale, trasmise alcuni messaggi in codice al generale
Clark: «Cielo sereno, mare calmo, poco vento, nostra presenza
non scoperta»; «Nessun carro armato ancora a riva, ma l'attacco
procede bene». Alle 06:15 il generale Truscott fu portato a
terra da una corvetta per meglio coordinare l'avanzata dei tre
reggimenti di fanteria della 3ª Divisione: questi si erano
portati 5 chilometri nell'interno, scambiando solo sporadici
colpi con le vedette tedesche in ritirata, e demolirono i ponti
sul canale Mussolini per impedire manovre di fiancheggiamento
sul lato destro. Alle 07:30 i ranger occuparono Anzio e poco
dopo i paracadutisti del 504º Reggimento presero Nettuno.
La polizia militare installò la segnaletica per incanalare e
gestire il continuo afflusso di veicoli, carri armati e truppe,
accolte con favore dalla popolazione.
La situazione sulle spiagge si rivelò così tranquilla che alle
09:00 il generale Alexander, l'ammiraglio Troubridge e il
generale Clark (ciascuno con la rispettiva motovedetta),
salirono a bordo della Biscayne dove furono accolti da un
ottimista Lucas: questi illustrò l'eccellente situazione e la
mancanza di qualsiasi seria resistenza tedesca, giacché gli
sbarchi erano avvenuti senza problemi e le perdite erano state
sinora irrisorie. I generali salirono poi sui DUKW e raggiunsero
le rive, ispezionando la testa di ponte e controllando il
morale; Clark si fermò a parlare con Truscott. Tornati sulla Biscayne,
si complimentarono con il generale Lucas e ripresero posto sulle
motovedette che li ricondussero a Napoli, senza lasciare ordini
o indicazioni. Come scrisse Vaughan-Thomas, «Vennero, videro,
approvarono».
Gli Alleati avevano in effetti colto di sorpresa i comandi
tedeschi e per la mezzanotte del giorno D 27 000 americani,
9 000 britannici e 3 000 veicoli occupavano la testa di sbarco,
larga 25 chilometri e profonda dai 4 ai 6. Il 22 gennaio furono
registrate solo tredici vittime a causa di qualche tiro delle
lontane artiglierie tedesche e di rare incursione della
Luftwaffe. Lo stesso generale Lucas stentò a credere che le
operazioni si fossero svolte con apparente facilità e con la
totale assenza del nemico; il generale Alexander si mostrò forse
più cauto e in serata comunicò a Churchill: «Pare che abbiamo
ottenuto una sorpresa quasi completa. Io ho insistito
sull'importanza di forti pattuglie mobili lanciate avanti [...]
ma non ho ricevuto ancora rapporti sulla loro attività», ma il
primo ministro si disse soddisfatto che il VI Corpo stesse
«[...] spingendo avanti i tentacoli». In realtà, Lucas dette
prova di grande incertezza e poco mordente: non fece avanzare
nessuna pattuglia verso Albano o Cisterna, piuttosto si
preoccupò di far progredire le divisioni con metodica lentezza
allo scopo di raggiungere una cosiddetta "linea del corpo di
sbarco", una linea curva lunga una dozzina di chilometri,
tracciata attorno al porto di Anzio dalla foce del Moletta a
nord-ovest al canale Mussolini a sud-est.
Le contromisure tedesche
Il feldmaresciallo Kesselring era sempre stato consapevole della
possibilità di uno sbarco degli Alleati alle spalle della linea
Gustav e aveva deliberatamente affrontato il rischio di
arrestarsi a sud di Roma, pensando che, con riserve ben
dislocate, sarebbe stato capace di respingere un assalto dal
mare senza abbandonare le posizioni imperniate su Cassino. La
maggior parte dei rinforzi tedeschi era costituita dalle unità
della XIV Armata stanziata in Italia e che, in caso di grave
necessità, poteva essere coadiuvata da divisioni locate
in Francia e Balcani. Nel dicembre 1943, inoltre, erano stati
elaborati piani particolareggiati per contrastare un tentativo
di aggiramento: furono individuate cinque possibili località di
sbarco e, per ciascuna, fu organizzato un sistema di rapido
afflusso di rinforzi. Furono condotti studi attenti degli
itinerari, attivati reparti con il compito specifico di tenere
sgombri i valichi montani, costituiti punti di emergenza per il
rifornimento di carburante e, infine, furono distribuiti piccoli
gruppi di genieri pronti a gettare ponti di barche lungo i corsi
d'acqua da attraversare. Questo apparato sarebbe entrato in
funzione non appena la parola d'ordine Fall Richard ("Caso
Richard") fosse stata trasmessa.
L'attacco degli Alleati contro Cassino, però, si rivelò più
pericoloso del previsto e il generale von Vietinghoff richiese
insistentemente due divisioni in più rispetto quelle
assegnategli (la 29. e la 90. Panzergrenadier-Division, in
riserva a sud di Roma) perché temeva che l'ala destra, tenuta da
truppe progressivamente logorate, potesse essere travolta;
Kesselring fu convinto dalle motivazioni e concesse
l'autorizzazione, dato che non disponeva di alcuna precisa
informazione circa un possibile sbarco alleato. In questo modo,
secondo il generale von Senger, fu garantita «la certezza di un
successo tattico», che si verificò durante il contrattacco
tedesco (20-22 gennaio) sulla linea Gustav. D'altronde il
feldmaresciallo, pochi giorni prima, aveva ricevuto al proprio
quartier generale l'ammiraglio Wilhelm Canaris, capo
del controspionaggio tedesco, che lo informò di non essere in
grado di fornire dati precisi, concludendo tuttavia il suo
rapporto con l'affermazione che «non c'è il più lieve segno di
un prossimo sbarco; il movimento a Napoli è perfettamente
normale». Canaris tornò in Germania il 21 gennaio.
Kesselring fu dunque inizialmente preso alla sprovvista dallo
sbarco in forze: immediatamente fece diramare l'ordine di
mettere in azione il "Caso Richard" e i rinforzi cominciarono a
muoversi, ma sarebbe occorsa tutta la mattinata perché i primi
elementi arrivassero in linea. Egli poteva fare affidamento solo
su uno stremato battaglione della 29. Panzergrenadier-Division,
che tuttavia non fu schierato per le troppe perdite patite.
Preoccupato che la situazione potesse evolvere catastroficamente
da un momento all'altro, si adoperò alacremente per difendere i
Colli Albani e fece in modo di raccogliere tutto il personale
possibile per contenere il cuneo alleato: furono mobilitati
numerosi artiglieri della Luftwaffe e i cannoni che non erano
richiesti altrove furono dirottati nel Lazio meridionale. Con
sorprendente rapidità i tedeschi circondarono con un cordone,
pur sempre esile, la testa di ponte. Kesselring trasferì nella
zona anche gli stati maggiori del I Corpo d'armata paracadutisti
e del LXXVI Panzerkorps, fatto affluire in tutta fretta
dall'Adriatico, quindi il 23 gennaio affidò al generale von
Mackensen il controllo delle forze attorno ad Anzio e limitrofi.
In questa occasione, il feldmaresciallo gli confidò: «Io
considero la nostra posizione di difesa consolidata, sicché non
abbiamo più da temere un rovescio grave».
Successivamente, muovendosi nottetempo per evitare gli attacchi
aerei anglo-statunitensi, altre cinque divisioni si mossero per
tamponare la penetrazione nemica. L'esperta Panzer-Division
"Hermann Göring" si posizionò di fronte ai reggimenti americani,
la 3. Panzergrenadier-Division ebbe la responsabilità del tratto
dinanzi a Campoleone, difeso dai britannici, e la 65.
Infanterie-Division infine fu destinata alla realizzazione di
una linea difensiva oltre il fiume Moletta. Dal fronte di
Cassino furono quindi disimpegnate la 29. e la 90.
Panzergrenadier-Division, la quale ultima divenne la nuova
riserva del gruppo di armate dietro a Cassino, ancora dipendente
dalla X Armata. Quando a metà febbraio sul fronte sud la
minaccia degli Alleati cessò, Kesselring spostò altre tre
divisioni dalla Gustav verso nord-ovest; inoltre poté distaccare
anche la 26. Panzer-Division, dato che sul fronte dell'Adriatico
l'VIII Armata, secondo l'esatta valutazione del feldmaresciallo,
era incapace di fare ulteriori progressi.
Il consolidamento della testa di ponte
Il primo obiettivo degli Alleati fu quello di rafforzare la
testa di ponte, quindi il VI Corpo sarebbe avanzato verso i
Colli Albani con pattuglie a livello
reggimentale, autoblindo e carri armati leggeri, allo scopo di
minacciare le vie di comunicazione tra Roma e la linea Gustav e
costringere così le divisioni tedesche a ripiegare verso nord
per non essere tagliate fuori. Questa manovra si dimostrò debole
e troppo ottimista, poiché la X Armata non abbandonò le sue
posizioni fortificate attorno Cassino. Il generale Alexander
sapeva che le forze sbarcate non avrebbero potuto difendere un
fronte esteso per 30 chilometri imperniato sui Colli Albani e
sulle colline sopra Cori perché, secondo le previsioni, i
tedeschi avrebbero lanciato un massiccio contrattacco impiegando
le divisioni dislocate in Italia settentrionale, mentre il
generale von Vietinghoff si ritirava dalla linea Gustav. Il
generale Clark doveva avviare una poderosa offensiva in quel
momento, in modo da soccorrere il VI Corpo, occupare saldamente
i Colli Albani e aprirsi la strada verso Roma. Le disposizioni
di Alexander furono tuttavia poco chiare e Clark, non sapendo
cosa aspettarsi ad Anzio, optò per contattare il generale Lucas
e ordinargli di «occupare e consolidare una testa di ponte» e
quindi avanzare verso i Colli Albani; gli inviò anche un
avvertimento: «Non si esponga come ho fatto io a Salerno». Fu
questo messaggio che, probabilmente, ispirò eccessiva prudenza e
pessimismo in Lucas, che dedicò le sue energie quasi
esclusivamente al rafforzamento della testa di ponte.
Il generale Lucas poté disporre, entro il 24 gennaio, di oltre
50 000 uomini e 5 000 veicoli; allo scarico di truppe,
attrezzature e rifornimenti furono destinati diversi soldati
italiani dell'Esercito cobelligerante. Roma si trovava a meno di
50 chilometri a nord-ovest e la strada verso la capitale era in
pratica aperta, ma Lucas ritardò l'arrivo della 1ª Divisione
corazzata al giorno D+4 (il 26 gennaio) regalando quattro
preziosi giorni al feldmaresciallo Kesselring per completare lo
schieramento difensivo attorno Anzio. Il VI Corpo d'armata
rimase dunque praticamente immobile per oltre 72 ore, sebbene
davanti a sé non avesse apprezzabili forze nemiche; già il 25 le
avanguardie di otto divisioni tedesche lo circondavano e, nel
giro di una settimana, dovette affrontare circa 70 000 uomini.
L'avanzata fu impostata per
stabilire un sicuro perimetro difensivo. Solo il 27 gennaio
elementi della 3ª Divisione statunitense giunsero a meno di 5
chilometri da Cisterna, adoperando il canale Mussolini per
coprirsi il fianco destro lungo le Paludi Pontine. Nel settore
sinistro la 1ª Divisione britannica si spinse lungo la via di
Albano, superando di circa 1,5 chilometri il piccolo centro
di Aprilia, noto alle truppe come The factory. Nel
frattempo le operazioni di sbarco erano state rallentate dal
persistente maltempo ed erano divenute bersaglio sia di
artiglierie a lunga gittata sia di violenti attacchi della
Luftwaffe, che lanciò missioni contro le navi e le linee di
comunicazione nonostante le condizioni climatiche. Il generale
Clark ricevette a tal proposito un messaggio da Lucas: «Le
operazioni di scarico sono impossibili. Prevalgono pioggia,
nevischio, fulmini e forti venti. Il porto di Anzio è
cannoneggiato da pezzi a lunga gittata». Risultò che tale
cannoneggiamento era effettuato da due pezzi ferroviari di
grande calibro 28 cm K5 (E), spostati in continuazione lungo la
ferrovia ai piedi dei Colli Albani e ribattezzati nei giorni
seguenti con il nome di Anzio Express ("il direttissimo
di Anzio") e Anzio Annie[57].
Ciononostante, la testa di ponte fu allargata sino ad avere una
profondità di circa 11 chilometri per 25 di estensione. Il VI
Corpo d'armata rimaneva comunque saldamente ancorato e non aveva
ancora intrapreso la prevista, rapida marcia su Roma; dopo la
visita del 25 gennaio, Alexander discusse con Clark della
situazione e gli confidò di non ritenere Lucas capace di gestire
l'operazione: questi, infatti, non intendeva imbastire
importanti offensive sino a quando non fosse affluita l'intera
1ª Divisione corazzata.
La fallita avanzata alleata
Il 30 gennaio il generale Lucas si sentì pronto per rompere
l'accerchiamento tedesco e pianificò una duplice avanzata. Sul
fianco orientale la 3ª Divisione statunitense doveva conquistare
Cisterna, tagliare la statale 7 e prepararsi a muovere su
Velletri; in suo appoggio furono distaccati il 504º Reggimento
paracadutisti e i battaglioni rangers del colonnello Darby. Sul
versante occidentale la 1ª Divisione britannica, disposta
attorno Aprilia, era incaricata di impadronirsi della stazione
ferroviaria di Campoleone, mentre la 1ª Divisione corazzata
statunitense avrebbe operato una vasta manovra ad arco sul suo
fianco sinistro, superando Campoleone per raggiungere i Colli
Albani da ovest. Il generale Truscott ottenne che gli agguerriti
ranger fossero inviati in avanguardia, sì da infiltrarsi nelle
linee tedesche e occupare Cisterna, dove si sarebbero attestati
nelle case coloniche per attirare e tenere occupati i tedeschi;
nel frattempo, la 3ª Divisione sarebbe avanzata ai lati per
chiudere le truppe nemiche fra due fuochi, quindi avrebbe
lanciato due assalti a tergo dei tedeschi condotti dal 7º
Reggimento di fanteria (da nord-ovest di Cisterna) e dal 504º
Reggimento paracadutisti (da est, passando attraverso gli
acquitrini).
Nella notte del 30 gennaio i ranger del 1º e del 3º Battaglione
si misero in movimento, avanzando cautamente tra i campi, ma una
volta penetrati in Cisterna furono investiti da un intenso fuoco
di armi automatiche. La notte precedente, senza che gli Alleati
se ne fossero accorti, i reparti della Panzer-Division "Hermann
Göring" erano stati rinforzati dal 26. Panzer-Regiment, giunto a
marce forzate dall'Adriatico: i ranger, convinti di dover solo
rastrellare una cittadina modestamente presidiata, incapparono
invece in uno schieramento numeroso, bene armato e motivato. I
tedeschi, dopo averli fatti avvicinare, aprirono improvvisamente
il fuoco e fecero avanzare alcuni semoventi, che sparando ad
alzo zero falciarono i fanti americani; i ranger, disorientati,
si sparpagliarono e cercarono rifugio nelle case. Ebbe inizio
una violenta lotta urbana, che presto si evolse in favore dei
tedeschi, superiori per numero e potenza di fuoco. Il colonnello
Darby, nelle retrovie, inviò anche il 2º Battaglione ranger per
tentare almeno di coprire la ritirata dei suoi uomini, tuttavia
verso le 12:00 il comando del 3º Battaglione ricevette l'ultimo
messaggio da Cisterna: il sergente Robert Ehalt riferì di avere
soltanto dieci uomini e di aver perso il contatto con le altre
compagnie del battaglione. Dopo poco i tedeschi ebbero ragione
delle ultime resistenze: solo sei ranger fecero ritorno alle
linee amiche, gli altri, in totale 761, erano stati uccisi o
fatti prigionieri.
Nonostante la precaria situazione, la 3ª Divisione si raggruppò
e continuò tenacemente a combattere fino al 1º febbraio; le
punte avanzate lambirono la linea ferroviaria
Cisterna-Campoleone e arrivarono a meno di un chilometro da
Cisterna. Tuttavia gli scontri avevano indebolito più del
previsto i reggimenti, che lamentavano oltre 3 000 perdite e non
erano più in grado di combattere con efficacia. Il generale
Truscott cessò di attaccare e si dispose a passare sulla
difensiva; intanto il generale Clark, particolarmente colpito
dalla vicenda dei ranger, ordinò un'inchiesta per appurare le
cause e le responsabilità del disastro. Truscott si assunse la
piena colpevolezza del fallimento, ma nessuno in realtà si
aspettava un nemico così forte alla vigilia dell'attacco: in
caso contrario, i ranger non sarebbero stati impiegati in
maniera così affrettata. La battaglia di Cisterna si concluse
quindi con una catastrofe per i ranger americani e diede modo ai
tedeschi di organizzare una parata propagandistica per
dimostrare la potenza della Germania: lunghe colonne di
prigionieri alleati furono fatte sfilare nel pieno centro di
Roma per impressionare e intimidire la popolazione.
Sul lato sinistro della testa di sbarco i britannici, appoggiati
dai carri armati statunitensi, iniziarono ad avanzare verso
Campoleone lungo la direttrice Anzio-Albano, disseminata di
capisaldi; come da piano, la 1ª Divisione avanzò sul fianco
sinistro su un terreno che secondo le ricognizioni aeree era
idoneo al passaggio di mezzi corazzati, ma gli equipaggi si
accorsero ben presto che l'area era solcata da decine di piccoli
corsi d'acqua, che avevano reso il suolo molle e si erano
scavati un letto profondo, tanto che alcuni casi i veicoli si
imbatterono in rive friabili alte fino a 10 metri le quali
offrivano ottime posizioni per i tedeschi. Le truppe britanniche
battezzarono queste particolari conformazioni con il nome
di uadi, il termine arabo che indicava i corsi d'acqua asciutti
dell'Africa settentrionale.
Partendo da Aprilia, le Guardie irlandesi e le Guardie
Scozzesi avanzarono verso il primo obiettivo, la "linea di
partenza" costituita da una carrareccia che tagliava in due la
linea ferroviaria e la strada Anzio-Albano 2,5 chilometri prima
della stazione di Campoleone. Alle loro spalle la 3ª Brigata
della 1ª Divisione, assieme a carri armati e semoventi, prese
posizione nel buio fuori Aprilia: il compito di questa riserva
era sostenere le Guardie quando all'alba si sarebbe scatenato il
quasi certo contrattacco tedesco. Ancor prima di arrivare alla
"linea di partenza" le Guardie furono prese sotto il tiro delle
mitragliatrici e dei carri armati tedeschi mimetizzati: le
perdite tra i britannici furono gravissime e, nonostante la
"linea di partenza" fosse stata raggiunta, le Guardie furono
costrette in ultimo a ripiegare lungo la ferrovia. Il generale
Penney fu costretto a ripetere l'attacco, facendo accompagnare
la fanteria dal 46° Royal Tank Regiment e dall'894º Anti-Tank
Battalion americano: a sera le forze alleate erano penetrate a
oltre 20 chilometri dal mare, raggiungendo le pendici dei Colli
Albani, ma la stazione di Campoleone rimaneva in mano ai
tedeschi poiché le truppe attendevano il supporto dei carri
statunitensi. I veicoli, però, erano rimasti invischiati al
vecchio terrapieno ferroviario di Carroceto, dove il terreno
acquitrinoso e i tiri dei pezzi anticarro, installati sui poggi
a ovest e nord-ovest, li avevano frenati. Nella notte tra il 30
e il 31 gennaio il generale Lucas acconsentì a far passare
l'intera 1ª Divisione corazzata lungo la direttrice d'avanzata
allo scopo di sfondare lì il fronte tedesco, più eroso, sebbene
si profilasse il rischio di creare un ingorgo.
Il giorno seguente i combattimenti per Campoleone continuarono
furiosi, nel tentativo di occuparla e spingersi verso l'incrocio
di Osteriaccia, da dove i carri armati si sarebbero potuti
finalmente aprire a ventaglio e penetrare nei Colli Albani. La
pressione alleata fu però contenuta dai reparti tedeschi;
sfruttando la migliore conoscenza del territorio, furono capaci
di inchiodare i soldati nemici con tiri d'infilata, così come di
falcidiare i plotoni corazzati che via via lasciavano la strada
che portava in città per raggiungere un poggio sulla sinistra,
da dove avrebbero potuto ingaggiare i carri tedeschi. Furono
messi sistematicamente fuori combattimento dall'artiglieria e
dai blindati accuratamente mimetizzati. A fine pomeriggio il
generale Harmon si portò sulla prima linea e ispezionò i suoi
mezzi corazzati; quando chiese a un caporale l'andamento della
battaglia si sentì rispondere: «Bene signore, quando arrivammo
eravamo centosedici e adesso siamo sedici. Abbiamo l'ordine di
tenere la posizione fino al tramonto e credo che con un po' di
fortuna ci riusciremo». Clark, Lucas e Harmon esaminarono la
situazione e si resero conto che ogni speranza di uno
sfondamento tramite i carri armati era sfumata. La provata 1ª
Divisione corazzata fu ritirata nella zona del bosco del
Padiglione, tra Anzio e Nettuno e il 2 febbraio fu diramato
l'ordine di cessare l'offensiva e presidiare in forze le
posizioni conquistate.
Il saliente creato
dall'avanzata britannica (che gli statunitensi chiamavano
"pollice" a causa della sua forma) non fu evacuato nonostante la
sua conformazione svantaggiosa, dato che si prestava facilmente
a un accerchiamento o ad essere isolato, bensì fu rinforzato con
altre truppe per contrastare la controffensiva tedesca[71].
Era chiaro che gli obiettivi prefissi dall'operazione Shingle
erano stati mancati e che l'iniziativa era passata in mano alla
14ª Armata tedesca; Churchill si espresse a tal proposito in
modo molto secco: «[...] Avevo sperato che avremmo gettato un
gatto selvatico sulla spiaggia, ma tutto ciò che abbiamo avuto
non è che una balena arenata».
Il contrattacco tedesco
Il 28 gennaio Adolf Hitler inviò una direttiva dettagliata al
feldmaresciallo Kesselring: il Führer era allora molto
preoccupato per la situazione sul fronte orientale, dove era in
corso la drammatica battaglia della sacca di Korsun', e temeva
l'apertura del secondo fronte alleato attraverso la Manica, ma
riteneva che la situazione sul fronte di Anzio desse finalmente
l'opportunità alla Germania di infliggere una grande e
sanguinosa sconfitta ai nemici occidentali. Hitler quindi
confermò la necessità di mantenere a tutti i costi le posizioni
di Cassino e contemporaneamente ordinò l'organizzazione di una
grande controffensiva contro la testa di ponte per ottenere una
vittoria campale di grande importanza, anche propagandistica.
Nelle intenzioni del Führer le truppe tedesche avrebbero dovuto
mostrare estrema determinazione e aggressività, infliggere agli
Alleati il massimo di perdite e dare una dimostrazione eloquente
dell'«integrità della forza combattiva dell'esercito tedesco».
Nella direttiva Hitler affermava, con accenti estremamente
enfatici, che il soldato tedesco doveva «essere compenetrato
dalla volontà fanatica di imporsi vittoriosamente in tale
battaglia».
Spronati da questo appello Kesselring, von Mackensen e i
generali della XIV Armata si misero all'opera per eliminare ciò
che Hitler aveva battezzato «l'ascesso a sud di Roma». Fu deciso
che l'attacco si sarebbe compiuto lungo la strada Anzio-Albano,
la direttrice più rapida per il mare che offriva, inoltre, la
possibilità di spaccare il fronte anglo-americano e avvolgere la
troppo esposta 1ª Divisione britannica. L'attacco doveva essere
sferrato dalla stazione di Campoleone e l'enfasi fu posta
nell'infiltrazione alla base del saliente sfruttando il naturale
orientamento dei profondi «uadi» lungo il Moletta, oppure
penetrando nella boscaglia sul lato destro del "pollice". In
vista dell'offensiva le forze tedesche, che fino ad allora erano
entrate in posizione in modo caotico e misto, dovettero essere
riorganizzate: il I Corpo d'armata paracadutisti (4.
Fallschirmjäger-Division, 65. Infanterie-Division) fu assegnato
al settore occidentale nei pressi di Albano sino alla foce del
Moletta; i settori centrale e orientale furono posti sotto il
comando del LXXVI Panzerkorps, forte della 3.
Panzergrenadier-Division e la 715. Infanterie-Division (mot.),
componenti il kampfgruppe Gräser stanziato nei pressi di
Albano; infine il lato orientale era guarnito dalla 71.
Infanterie-Division e dalla Panzer-Division "Hermann Göring",
con la 26. Panzer-Division in riserva.
Al contempo il generale Lucas, dopo aver comunicato l'esito
negativo del suo attacco e la situazione incerta, aveva ricevuto
rinforzi. La 56th (London) Infantry Division del generale Gerald
Templer fu ritirata dal fronte di Cassino e spedita ad Anzio,
dove arrivò intorno all'8 febbraio, assieme alla 1st Special
Service Force del colonnello Robert Frederick; a puntellare il
fronte britannico furono ridislocati anche i paracadutisti del
3º Battaglione, 504º Reggimento, inizialmente in appoggio alla
3ª Divisione. Le linee alleate erano comunque presidiate in
maniera diseguale nell'area di Campoleone, nonostante la
presenza della 1ª Divisione britannica, della 56ª Divisione e
della 45ª Divisione americana. Nel settore di Cisterna
vigilavano la 3ª Divisione e la 1st Special Service Force.
Alle 23:00 del 3 febbraio i tedeschi del gruppo Gräser partirono
all'assalto e in poche ore travolsero le Guardie irlandesi e
scozzesi sull'ala sinistra dello schieramento britannico; sulla
destra i Gordon Highlanders e gli Sherwood Foresters furono
costretti ad arretrare dalle loro posizioni. I tedeschi,
applicando efficienti tattiche d'infiltrazione, furono però
capaci di isolare e attaccare i reparti più avanzati e ben
presto il generale Penney ebbe un terzo della divisione
accerchiata; egli, dunque, ordinò alla 168ª Brigata del
brigadier generale Kenneth Davidson, appena sbarcata, di
avanzare verso Carroceto e sferrare un contrattacco per liberare
le forze isolate. Era fondamentale trarre in salvo quei reparti
prima della notte: infatti, il maltempo persistente impediva
qualsiasi azione delle pur numerose forze aeree e soltanto il
preciso fuoco dell'artiglieria, annidata nella testa di sbarco,
stava rallentando le puntate offensive tedesche e concedeva un
po' di respiro ai britannici, ma dopo il tramonto sarebbe
comunque servito a poco. Alle 16:00, perciò, la 168ª Brigata,
affiancata dal 46° Royal Tank Regiment lanciò un deciso attacco
sul fianco tedesco e aprì un varco consentendo la ritirata delle
forze accerchiate, coperta da uno sbarramento d'artiglieria. A
mezzanotte gli ultimi reparti furono messi al sicuro, ma le
perdite erano state considerevoli e le truppe tedesche non
accennarono a diminuire la pressione sul saliente.
L'offensiva riprese la sera del 7 febbraio e per la mezzanotte i
tedeschi avevano sopraffatto la 24ª Brigata britannica, quindi
tentarono di ripetere l'azione del 3 febbraio con
l'accerchiamento delle truppe nemiche attorno a Carroceto, dove
si erano ritirate. Il giorno successivo riuscirono a occupare il
pendio di Buonriposo, a ovest della strada principale, arrivando
a meno di 100 metri dalle posizioni britanniche; nel frattempo
quattro reggimenti di fanteria, con l'ausilio di alcuni Panzer V
Panther, raggiunsero le alture di Carroceto e catturarono 800
uomini. Anche Aprilia cadde in mano tedesca e, seppure la
manovra di aggiramento non ebbe successo, il saliente era ormai
perso e la testa di sbarco correva il pericolo di essere
tagliata in due. Il 10 febbraio il generale Penney avvisò Lucas
che la situazione non era più sostenibile, la sua divisione era
a organico dimezzato e alcuni reggimenti erano stati
praticamente annientati; Lucas inviò allora il 179º e il 180º
Reggimento della 45ª Divisione fanteria statunitense, posta in
riserva, ma il loro intervento fu tardivo. All'alba dell'11
febbraio il contrattacco anglo-americano per riprendere Aprilia
fu vanificato dallo scarso coordinamento tra fucilieri e carri
armati; solo un piccolo angolo della periferia dell'abitato fu
conquistato e la mattina del 12 i granatieri tedeschi,
appoggiati dai panzer, cacciarono gli Alleati dalla città. Il
generale von Mackensen, che aveva stabilito il proprio quartier
generale in una casa colonica all'estremità occidentale dei
Colli Albani, concentrò le sue truppe a Carroceto e Aprilia: da
qui sarebbero avanzate per 5 chilometri fino al bosco
Padiglione, incuneandosi tra le divisioni nemiche e recidendo la
testa di ponte in due tronconi. Questo piano, però, era stato
studiato e imposto da Hitler e né von Mackensen, né Kesselring
ne furono soddisfatti; i due ufficiali, comunque, si impegnarono
con grande energia perché l'operazione Fischfang avesse
successo.
Operazione "Fischfang"
Alle 06:30 di mercoledì 16 febbraio l'artiglieria tedesca
bombardò per 30 minuti le linee britanniche lungo la via
Anzio-Albano, dopodiché i fanti si lanciarono all'attacco contro
le unità più avanzate della linea. L'avanguardia tedesca,
costituita dal reggimento scelto di fanteria Lehr,
concentrata su un fronte di 10 chilometri, attaccò la 45ª
Divisione americana e la 56ª Divisione britannica; i battaglioni
fucilieri del 157º e del 179º Reggimento statunitense -
trincerati rispettivamente sul lato destro e sinistro di Aprilia
- persero terreno, e fu soltanto grazie alla resistenza delle
riserve che il fronte in quel punto non cedette. Anche le
avanguardie britanniche del 197º Reggimento furono sbaragliate
in un primo momento, ma nonostante gli aspri scontri a fine
giornata i tedeschi avevano conquistato solo esigue porzioni di
terreno al costo di pesanti perdite; il reggimento Lehr,
da cui Hitler si aspettava lo sfondamento decisivo, fu decimato.
Kesselring esortò von Mackensen a utilizzare le riserve e a
mandare avanti la 26. Panzer-Division appoggiata dalla 29.
Panzergrenadier-Division, ma il comandante della XIV Armata
attese il mattino seguente e, dopo un'incursione della
Luftwaffe, mandò all'attacco sessanta panzer e tre divisioni di
fanteria contro il 157º e il 179º Reggimento americano.
A mezzogiorno del 16 febbraio, complici altri bombardamenti
della Luftwaffe, almeno quattordici battaglioni tedeschi erano
penetrati in un cuneo di quasi 3 chilometri al centro della 45ª
Divisione, mettendo in grave difficoltà i difensori che in
alcuni punti ripiegarono in modo precipitoso e caotico. Per
scongiurare l'immediato pericolo, gli Alleati riversarono sulle
posizioni nemiche il fuoco di 400 cannoni, dei mortai, di
venticinque carri armati e di quattro batterie antiaeree da
90 mm, per l'occasione utilizzate ad alzo zero. Dal mare
intervennero inoltre i cacciatorpediniere e due incrociatori,
che si portarono molto vicini alla costa, e infine piombarono
dal cielo 800 aerei che nel corso della giornata sganciarono
sulle truppe e sulle postazioni d'artiglieria tedesche circa
1.000 tonnellate di bombe. Lo slancio nemico fu dunque frenato e
il generale Lucas tentò di ricucire il suo fronte pericolante
nelle ore di pausa seguenti. Nelle prime ore del 17 febbraio la
45ª Divisione intraprese un debole contrattacco, facilmente
respinto dai tedeschi che, poco prima dell'alba, si lanciarono
nuovamente all'offensiva, coadiuvati dai battaglioni freschi di
Panzergrenadier veterani della campagna di Sicilia,
della battaglia di Salerno e dei duri combattimenti sulla linea
Gustav. I panzer avanzarono superando la debole resistenza
nemica; a mezzogiorno il 179º Reggimento di fanteria americano
fu distrutto e i superstiti si ritirarono in grande disordine
sull'ultima linea di difesa prima del bosco Padiglione, un
cavalcavia che tagliava perpendicolarmente la via Albano-Anzio.
Alle 14:00 il colonnello Darby, comandante dei ranger, rimpiazzò
su ordine di Lucas l'ufficiale alla testa del menomato 179º
Reggimento per riorganizzarlo; nei minuti seguenti,
l'artiglieria anglo-americana eseguì numerosi tiri sul fronte di
battaglia allentando la pressione tedesca.
La battaglia, comunque, si evolse presto in maniera confusa; le
opposte artiglierie bersagliavano la zona di scontro e una
granata esplose molto vicino al camper del generale Penney, che
rimase ferito da alcune schegge: lo rimpiazzò il generale
Templer, che mantenne il comando della 56ª Divisione. Nel
frattempo, proprio durante la crisi, il generale Clark aveva
deliberato la nomina del generale Truscott a vicecomandante del
VI Corpo e la sua sostituzione, a capo della 3ª Divisione, con
il brigadier generale John O'Daniel. Il 18 febbraio le
condizioni atmosferiche peggiorarono e le squadriglie alleate
rimasero quasi tutte a terra, ma poco prima di mezzogiorno un
isolato ricognitore cominciò a trasmettere informazioni sui
movimenti tedeschi; una colonna di 2 500 uomini, in marcia da
Carroceto verso sud, fu bersagliata e distrutta dal tiro
concentrato di 224 cannoni, che continuarono nelle ore seguenti
a martellare sistematicamente le posizioni e i concentramenti
tedeschi che il velivolo via via segnalava. Nel pomeriggio il
generale von Mackensen, visti i magri risultati, spostò una
parte delle sue truppe e sferrò un attacco da est, ma fu
respinto dal 180º Reggimento fanteria americano. I battaglioni
tedeschi subirono forti perdite e alle 21:30 interruppero il
contatto. L'iniziativa passò dunque in mano agli Alleati e il 19
si misero in marcia due reggimenti statunitensi di fanteria
corazzata con oltre venti M4 Sherman, i quali avanzarono per
circa 1,5 chilometri e catturarono 200 soldati tedeschi,
allentando la pressione sulla 45ª Divisione stremata da quattro
giorni di combattimenti. Le divisioni tedesche lottarono ancora
per altri due giorni e riuscirono a mantenere le posizioni
raggiunte, ma non furono più in grado di riprendere l'offensiva;
il feldmaresciallo Kesselring suggerì a Berlino di sospendere le
operazioni ottenendo l'assenso di Hitler. L'operazione Fischfang
era fallita e costò alla XIV Armata oltre 4 500 vittime e la
distruzione di un gran numero di mezzi. Alcune unità, già a
ranghi incompleti, furono particolarmente provate dai
combattimenti e, ad esempio, al 23 febbraio la 65.
Infanterie-Division contava appena 673 uomini. Anche il VI Corpo
subì molte perdite, superiori ai 5 000 uomini. Il costo delle
battaglie attorno Anzio a un mese dallo sbarco costò
complessivamente, ai tedeschi e agli anglo-americani, 40 000 tra
morti, feriti, dispersi e prigionieri, il che impose uno stallo
operativo a entrambe le parti.
La fase di stallo e rafforzamento
Il feldmaresciallo Kesselring e il generale von Mackensen era
ormai consapevoli che la grande vittoria decisiva richiesta da
Hitler era impossibile a causa della superiorità degli Alleati e
dell'esaurimento delle truppe; durante un giro d'ispezione sul
fronte il feldmaresciallo si rese conto della stanchezza dei
soldati e della loro incapacità di sferrare nuove offensive.
All'inizio di marzo il generale Siegfried Westphal, capo di
stato maggiore, fu inviato al quartier generale di Hitler per
illustrare la situazione al Führer: l'ufficiale parlò con
franchezza del grande logoramento dei reparti e Hitler, dopo
l'irritazione iniziale, convenne con lui e manifestò la sua
preoccupazione per la stanchezza della Germania e della
Wehrmacht e per il mancato successo in Italia, che egli aveva
ritenuto l'unico fronte di guerra dove i tedeschi avessero la
possibilità di ottenere una vittoria.
Il 22 febbraio, nel frattempo, il generale Clark si recò ad
Anzio con i suoi collaboratori, incontrò il generale Lucas e gli
comunicò che il giorno seguente sarebbe stato esonerato dal
comando del VI Corpo per occupare il posto di vicecomandante
della V Armata: la testa di ponte di Anzio passò sotto la
responsabilità del generale Truscott. La destituzione di Lucas
era risultato delle pressioni del maresciallo Alexander e del
primo ministro Churchill, rimasti sfavorevolmente colpiti dalle
sue azioni durante e dopo lo sbarco. Lucas rimase per poco in
servizio in Italia: a marzo fu rimpatriato e posto al comando di
un'unità di addestramento. Truscott, non appena assunto il
comando, fu impegnato a respingere continui ma fiacchi attacchi
tedeschi, susseguitisi fino al 2 marzo; quel giorno, di mattina
presto, la 3ª Divisione americana eseguì un contrattacco che
però fu arrestato nei pressi di Ponte Rotto, una località poco a
sud-est di Cisterna, e che portò alla riconquista di qualche
posizione. Essendo migliorate le condizioni climatiche, furono
fatti alzare in volo 241 bombardieri Consolidated B-24
Liberator, 100 quadrimotori Boeing B-17 Flying Fortress, 113
caccia Lockheed P-38 Lightning e 63 cacciabombardieri Republic
P-47 Thunderbolt che colpirono con estrema durezza Cisterna,
Velletri, Carroceto e tutte le posizioni tedesche nella regione.
Gli aerei bombardarono le postazioni nemiche fino alla tarda
mattinata, lasciando le forze tedesche indebolite e incapaci di
attaccare; ebbe inizio così il periodo di stasi operativa che
sarebbe continuato nelle settimane successive.
La battaglia di febbraio aveva conferito ad Anzio una
reputazione di pericolo che non la abbandonò nemmeno quando i
grandi combattimenti cessarono. La testa di sbarco era di natura
peculiare, giacché non disponeva di una retrovia sicura per il
riposo e il ricambio delle truppe in prima linea; gli stessi
ospedali, i depositi, i ricoveri erano costantemente sotto la
minaccia del tiro tedesco e di quello, più saltuario ma pur
sempre preoccupante, delle incursioni della Luftwaffe. La testa
di ponte era sorprendentemente piccola per combattere una guerra
moderna e diveniva più angusta man mano che scorrevano le
settimane: si estendeva per non più di 11 chilometri
nell'entroterra, lungo la strada per Albano, e per circa 15
chilometri in larghezza. In realtà, la distanza media del
perimetro dalla costa non era superiore ai 6/7 chilometri, una
misura trascurabile tenuto conto dalla gittata delle
artiglierie.
Se il fronte rimase statico fino alla fine di aprile,
all'interno si svolgeva un'intensa attività, soprattutto di
notte. Il generale Truscott, dopo le operazioni di marzo, fece
evacuare tutti i 22 000 civili e fin da subito iniziò un'intensa
sistemazione della prima linea, accompagnata da una
riorganizzazione amministrativa delle truppe, raggruppando sotto
i rispettivi comandanti divisionali quelle unità anglo-americane
che si erano inestricabilmente mescolate durante la battaglia.
Procedette inoltre a far affluire forze fresche: a marzo la 5th
Infantry Division britannica del generale Philip
Gregson-Ellis rilevò lungo il Moletta l'esausta 56ª Divisione.
La 1ª Divisione britannica, del pari molto provata, rimase a
difesa degli «uadi» e del terreno pianeggiante attorno al
"cavalcavia"; poté giovarsi di vari cambi e non perse mai il
contatto con le truppe tedesche poco distanti. La 45ª Divisione
fanteria statunitense del generale Eagles completava il fronte
attorno al "cavalcavia" e fu stanziata di fronte al bosco
Padiglione. Il tratto orientale della testa di ponte, formante a
est della macchia una grande curva che aggirava il canale
Mussolini, fu affidato a vari reparti, compresa la 1st Special
Service Force. Infine il reggimento paracadutisti e i
battaglioni ranger lasciarono Anzio, sostituiti dalla 34th
Infantry Division americana, e sia la 3ª Divisione fanteria sia
la 1ª Divisione corazzata statunitense lasciarono la linea per
costituire la riserva.
Dopo tre mesi di duri combattimenti e altrettanti tentativi di
sfondare la Gustav, gli Alleati avevano pagato un alto prezzo in
vite umane e le battaglie inconcludenti sul fronte italiano
avevano trattenuto più del dovuto un certo numero di LST nel
Mediterraneo, causando ritardi nell'esecuzione dell'operazione
Overlord e il rinvio dell'operazione Anvil. Inoltre erano state
sprecate tutte le preziose riserve di fanteria destinate
all'Europa per la creazione di tre magre teste di ponte: una ad
Anzio, una oltre il fiume Garigliano e una oltre il fiume
Rapido. I comandanti supremi anglo-statunitensi, compreso il
generale George Marshall (capo di stato maggiore dell'esercito
statunitense), convennero che bisognava conquistare Roma per
riequilibrare in un certo modo il grande tributo di sangue
pagato e, quindi, porre in secondo piano la campagna d'Italia.
L'inverno consentì agli Alleati di rinforzarsi con nuove unità,
di colmare con forze fresche le divisioni più colpite dai lunghi
mesi di campagna e di far arrivare sia sul fronte di Cassino sia
su quello di Anzio migliaia di tonnellate di rifornimenti e
armi.
Il progetto offensivo: operazione Buffalo
Il maggior generale John Harding, capo di stato maggiore di
Alexander, denominò un piano generale che prospettava
un'offensiva combinata da Cassino e Anzio nel mese di maggio con
il nome in codice di operazione Diadem: lo scopo principale non
era la conquista di Roma, bensì la distruzione della 10ª Armata
tedesca. Harding prevedeva il trasferimento, svolto nella
massima segretezza, dell'VIII Armata britannica dal fronte
dell'Adriatico a quello di Cassino, concentrando due armate a
pieni ranghi su un breve tratto di 32 chilometri. Il maresciallo
Alexander avrebbe potuto disporre, così, di 21 divisioni,
escluse quelle del VI Corpo d'armata trincerato ad Anzio. L'VIII
Armata, passata al generale Oliver Leese, avrebbe dovuto
sferrare l'attacco principale nella valle del Liri, mentre la V
Armata del generale Clark (comprendente il Corps expéditionnaire
français en Italiedel generale Alphonse Juin) ebbe il compito di
effettuare un attacco sussidiario attraverso i monti Aurunci, a
ovest del fiume. Il VI Corpo, rinforzato da altre truppe di
riserva, avrebbe quindi sferrato la sua offensiva appena avesse
ricevuto l'ordine diretto da Alexander (secondo i calcoli dello
stato maggiore all'incirca quattro giorni dopo l'attacco sulla
linea Gustav): era incaricato di avanzare e assicurarsi i Colli
Albani, bloccando le vie di fuga alla X Armata.
Il generale Clark, tuttavia, non interpretò allo stesso modo la
battaglia e i suoi obiettivi: quasi ossessionato dalla conquista
di Roma, era convinto che l'avanzata decisiva spettasse alle sue
truppe, ed era roso dalla preoccupante certezza che sia
Alexander sia Leese fossero d'accordo per privare la V Armata
della gloria di occupare la capitale italiana a favore invece
dell'8ª Armata. Durante la fase di pianificazione, Clark ritenne
di aver trovato conferma alle sue paranoie quando fu informato
che il generale Alexander aveva richiesto al generale Truscott
l'elaborazione di quattro diversi progetti offensivi per il VI
Corpo e che, il 5 maggio, aveva dato la sua autorizzazione a uno
di questi studi, denominato in codice operazione Buffalo. Clark
contattò immediatamente Alexander e con toni duri spiegò la sua
irritazione per quella che considerava un'interferenza nella
catena di comando statunitense: il generale britannico,
probabilmente per non creare ulteriori tensioni, assicurò a
Clark che il VI Corpo d'armata avrebbe goduto di completa
autonomia di manovra, quindi gli propose di cambiare i piani di
"Buffalo" quando lo avesse ritenuto più opportuno.
L'operazione Buffalo contemplava la conquista di Cisterna e lo
sfondamento della linea tedesca, imperniata su questo settore e
sul terrapieno della ferrovia che correva più nord-ovest; doveva
seguire un'avanzata fra i Colli Albani e i Colli Lepini. Nella
fase iniziale la 1ª Divisione corazzata statunitense avrebbe
aggirato Cisterna da ovest, la 3ª Divisione fanteria
statunitense avrebbe assalito la città e la 1st Special Service
Force sarebbe avanzata sul lato orientale, per tagliare la
statale n.6. Infine la 45ª Divisione fanteria sarebbe avanzata
fino a Carano e i britannici avrebbero messo in atto una serie
di piccole sortite per trattenere i tedeschi sul perimetro
occidentale della testa di sbarco. Il piano non era esente da
notevoli difficoltà: i tedeschi avevano ad Anzio cinque
divisioni e mezzo e inoltre il generale von Mackensen disponeva
della 26. Panzer-Division e della 29. Panzergrenadier-Division,
che il feldmaresciallo Kesselring aveva ritirato in riserva e
trasferito a sud di Roma; queste unità potevano essere
agevolmente impiegate contro il VI Corpo, ma gli Alleati
potevano contare su una soverchiante superiorità aerea e sul
vasto parco d'artiglieria sulla spiaggia.
Ai primi di maggio iniziarono i febbrili preparativi per
l'operazione congiunta e, nella testa di sbarco, furono
immagazzinate più di 1 000 000 tonnellate di rifornimenti,
indispensabili per sostenere l'avanzata della V Armata; su
richiesta del generale Truscott vi fu distaccata anche la 36th
Infantry Division del maggior generale Fred Walker, e la
divisione corazzata del generale Harmon fu riportata a organico
completo con 232 nuovi Sherman. I reparti del genio
consolidarono le vie di avanzata, coprirono il terreno
acquitrinoso sulle paludi Pontine, in vista del congiungimento
con la V Armata lungo la costa, e costruirono un campo per
prigionieri vicino a Conca. Alle 23:00 dell'11 maggio prese
avvio l'operazione Diadem, che colse di sorpresa i tedeschi: i
loro servizi d'informazione, infatti, erano stati abilmente
sviati e indotti a credere che i preparativi alleati fossero
volti a intraprendere un nuovo sbarco nei pressi
di Civitavecchia, programmato per il 24 maggio. Dopo una
settimana di furiosi combattimenti attorno Cassino, i tedeschi
furono posti in una condizione difficile dalle truppe marocchine
del generale Juin e furono costretti a ripiegare verso la poco
distante linea Hitler (ben presto rinominata linea Senger, per
evitare ripercussioni propagandistiche in caso di una sua
caduta), approntata nei mesi precedenti nella valle del Liri:
anche questa catena fortificata fu poi penetrata, vicino Aquino.
Il maresciallo Alexander, dunque, ordinò al VI Corpo di
prepararsi ad avanzare per il 21 maggio, ma si scontrò
nuovamente con l'opposizione del generale Clark, il quale gli
disse: «Credo che sarà necessario ritardare di almeno
ventiquattro ore e possibilmente di quarantotto ore l'attacco da
Anzio perché dobbiamo avere un forte appoggio aereo e le
previsioni meteorologiche non sono buone in questo momento. Sto
dando ordini al II Corpo di sfondare la linea Hitler a nord
di Fondi; quando vi sarò riuscito, mi spingerò innanzi a tutta
forza per unirmi con la testa di sbarco». Il 22 Clark si
trasferì permanentemente presso il comando di Anzio e, il giorno
seguente, in concomitanza con lo sfondamento dell'88ª Divisione
fanteria statunitense nel settore di Fondi in
direzione Terracina ordinò l'attacco in obbedienza al piano
"Buffalo": poco prima delle 06:00 l'artiglieria della testa di
sbarco aprì un pesante fuoco di copertura e la fanteria si
accinse all'assalto, mentre i bombardieri martellavano le
postazioni tedesche.
L'avanzata finale e la ritirata tedesca
Non appena le divisioni si portarono avanti fu chiaro che era
stata ottenuta una sorpresa tattico-strategica, ma la difesa
tedesca fu ciononostante accanita e si avvalse di postazioni ben
preparate. La 1ª Divisione corazzata, che puntava a ovest di
Cisterna, a fine giornata si era spinta per meno di 500 metri
oltre il terrapieno della ferrovia; solo l'utilizzo di alcuni
carri Mk IV Churchill (detti Snake e modificati in modo
tale da aprire varchi lungo i campi minati) permise a qualche
gruppo di combattimento di oltrepassare il terrapieno e marciare
verso le pendici dei Lepini. Nel frattempo la 1st Special
Service Force del colonnello Frederick aveva aggirato Cisterna
da est e bloccato la statale n.7 e, al contempo, la 3ª
Divisione stava combattendo alla periferia della città. A fine
giornata il generale Truscott esaminò la situazione e poté dirsi
soddisfatto: erano stati completati gli obiettivi previsti e i
reparti erano in buona posizione per rinnovare l'attacco il
giorno successivo, mentre erano stati riportati casi isolati di
cedimento tra le formazioni tedesche: furono anzi catturati
1 500 prigionieri, concentrati nei campi di raccolta predisposti
ad Anzio e Nettuno.
Il mattino seguente la 45ª Divisione statunitense respinse una
serie di contrattacchi e il 7º Reggimento fanteria della 3ª
Divisione riuscì a penetrare nell'abitato di Cisterna,
eliminando gli ultimi difensori; gli altri due reggimenti,
appoggiati dall'artiglieria divisionale, procedettero oltre la
cittadina lungo la strada che conduceva al paese di Cori. Anche
la 1ª Divisione corazzata, dopo le iniziali difficoltà, aveva
stroncato le opposizioni nemiche e stava avanzando verso
Velletri: Truscott poté annunciare al generale Clark che,
finalmente, la principale linea di resistenza tedesca era stata
spezzata. Le difese tedesche iniziarono a sgretolarsi su
entrambi i fronti e Clark parlò con Truscott della possibilità
di far entrare in scena la 45ª, la 34ª e la 36ª Divisione per
una rapida puntata su Velletri (al margine dei Colli Albani),
concomitante con una spinta del resto delle sue truppe,
attraverso il valico omonimo, sulla linea Cori-Valmontone. Il
comandante della V Armata era convinto di poter adempiere a
entrambi gli obiettivi ed era fiducioso che il tenente
generale Geoffrey Keyes, comandante del II Corpo d'armata,
avrebbe presto raggiunto la testa di ponte con l'88ª Divisione,
in testa all'avanzata. Il contatto avvenne prima del previsto,
nella tarda mattinata del 25 maggio, e Clark dovette decidere
come agire nel proseguimento delle operazioni tenendo conto di
tre fattori: prendere Roma prima dell'inizio di Overlord,
evitare di combattere dentro la capitale, cercare di distruggere
l'esercito tedesco.
Non appena avvenne il congiungimento il generale Frido von
Senger und Etterlin, comandante del XIV. Panzerkorps schierato
sulla linea Gustav, propose allo stato maggiore della X Armata
di impegnare senza indugio le sue divisioni mobili nell'area del
profondo fianco destro, presso Valmontone. Qui, infatti, si
profilava il pericolo più grave per tutte le forze tedesche che
si trovavano a sud della linea Valmontone-Sora: se gli
anglo-americani fossero riusciti a impossessarsi di Valmontone,
il loro ripiegamento sarebbe stato problematico. La minaccia era
ancora più grave, spiegò il generale, data l'impraticabilità
delle strade di montagna a est della statale n.6 Casilina a
causa della totale supremazia aerea alleata. Inoltre la rotabile
che da Tivoli porta per Subiaco ad Alatri era facilmente
bloccabile dai reparti motorizzati nemici. Ma la soluzione
operativa di von Senger fu in parte irrealizzabile perché la
situazione della XIV Armata era peggiore del previsto: il 26
maggio, giorno in cui egli prevedeva di lanciare le sue forze
nella posizione di Valmontone, la battaglia per la testa di
ponte era ormai persa. Il VI Corpo e il resto della V Armata
statunitense registrarono infatti, nel settore di Anzio, una
notevole serie di successi che portarono lo sfondamento della
testa di ponte.
In effetti il generale Truscott aveva ricevuto ottime notizie e
aveva condotto una buona battaglia; la strada che portava al
valico di Velletri si stava aprendo rapidamente. Le forze
corazzate del generale Harmon erano state bloccate alle porte
della città ma nuclei di fanteria meccanizzata stavano avanzando
in direzione del villaggio di Giulianello, sito nel punto più
basso del valico. Nel frattempo il colonnello Frederick aveva
comandato la 1st Special Service Force sui fianchi dei Colli
Lepini, oltre Cori, e la 3ª Divisione statunitense si era
portata a ridosso del passo di Velletri: questa cittadina fu
fatta immediatamente presidiare alla Panzer-Division "Hermann
Göring" dal generale von Mackensen, che in questo modo tentava
un'estrema difesa della vitale statale n.6, passante per
Valmontone e via di ritirata obbligata per la X e XIV Armata.
Posizioni difensive e blocchi stradali furono rapidamente
organizzati anche nel piccolo borgo di Artena, ultimo baluardo
prima della strada. Truscott era comunque convinto, con
l'impiego in massa delle sue forze, di riuscire a occupare
Velletri e Artena in tempo e tagliare così la statale n.6; il 26
maggio, tuttavia, il responsabile alle operazioni della 5ª
Armata (brigadier generale Donald Brann) gli ingiunse di
lasciare la 3ª Divisione e la 1st SSF a bloccare la statale n.6
e organizzarsi al più presto per un assalto in forze verso
nord-ovest, sulle pendici occidentali dei Colli Albani, dove i
tedeschi disponevano di saldi sistemi difensivi riuniti sotto il
nome di linea Caesar. Il generale rimase profondamente scosso
dalle direttive ricevute: «Non è il momento giusto», protestò
«Non ci risulta nessun ritiro di truppe dalla parte occidentale
della testa di ponte e nessuno spostamento verso Valmontone.
[...] Il mio accordo con Clark era basato su questi punti. Non è
il momento giusto per spostare l'attacco. Dovremmo invece
riversare il massimo sforzo su Valmontone per assicurarsi la
distruzione totale dell'armata tedesca in ritirata» e comunicò a
Brann che non avrebbe obbedito all'ordine finché non avesse
parlato con Clark in persona; questi non poté essere raggiunto
per telefono e Truscott fu costretto a rispettare gli ordini.
Fece dunque eseguire una conversione verso nord-ovest al VI
Corpo e si mise a pianificare l'assalto ai ripidi vigneti, ai
boschetti e alle cittadine fortificate dei Colli Albani. Il 27
maggio la "Hermann Göring", dopo una marcia forzata, occupò
Velletri e tenne saldamente aperta la via di fuga della X
Armata.
I precisi ordini del maresciallo Alexander non furono quindi
eseguiti ed egli ne ricevette notizia solo ventiquattr'ore dopo
che erano stati disattesi e quindici minuti dopo l'inizio
dell'assalto ai Colli. Informato del fatto compiuto dal capo di
stato maggiore di Clark, maggior generale Alfred Gruenther,
Alexander accettò la decisione augurandosi che: «[...] il
comandante d'armata continuerà ad avanzare verso Valmontone
[...] so che si rende conto dell'importanza della conquista
delle alture». La V Armata aveva ottenuto successi sorprendenti
al sud e perciò Alexander, secondo lo storico Fehrenbach, non
aveva una reale ragione per opporsi alla decisione di Clark di
agire nella sua zona, per cui acconsentì senza opporsi. Ma la 3ª
Divisione fanteria, stanca e indebolita dalle pesanti perdite
subite a Cisterna, non riuscì a interrompere la statale n.6 e si
pose in atteggiamento difensivo di fronte alla determinata
"Hermann Göring", mentre i resti della X Armata ripiegavano
attraverso Valmontone. Ai primi di giugno i reggimenti della 36ª
Divisione del generale Walker si prepararono ad attaccare la
forte posizione di monte Artemisio, nei Colli Albani, le cui
postazioni e casematte si erano rivelate ostacoli insidiosi; una
pattuglia scoprì fortuitamente un punto debole, da cui sarebbe
stato possibile filtrare oltre le fortificazioni nemiche,
transitare nel settore dell'Artemisio e uscire dietro a
Velletri, aggirando così la linea Caesar. L'operazione, seppur
rischiosa, andò a buon fine e il 2 giugno il 142º e il 143º
Reggimento di fanteria colsero i tedeschi di sorpresa. La
battaglia fu molto cruenta, ma nel pomeriggio la 36ª Divisione
aveva ormai spezzato il fronte e la strada per Roma fu
sgombrata.
Nel frattempo l'VIII Armata, la cui direttrice principale -
ossia la statale n.6 - era ormai occupata dagli americani, si
stava lentamente muovendo nella valle del Liri e il 31 entrò
a Frosinone; vi era ormai una congestione considerevole di
uomini e mezzi lungo la statale, ma gli statunitensi precedevano
i britannici sulla strada verso Roma. Il 3 giugno Hitler
autorizzò il feldmaresciallo Kesselring ad abbandonare la
capitale, sebbene fosse già in atto un disimpegno generale:
mentre le retroguardie della 4. Fallschirmjäger-Division
ritardavano l'avanzata degli Alleati, le ultime unità della
provata X Armata superavano la capitale verso nord, mentre la
XIV Armata l'attraversava senza che la popolazione interferisse
seriamente nel movimento. Iniziò quindi una sorta di gara tra il
II Corpo d'armata del generale Keyes e il VI Corpo del generale
Truscott per aggiudicarsi l'ingresso in città, ma fu la 1st
Special Service Force del colonnello Frederick, montata a bordo
dei carri armati della 1ª Divisione corazzata, ad arrivare per
prima alle porte del centro di Roma nella mattinata del 4
giugno.
Gli Alleati entrano a Roma
Il generale Clark precedette di un solo giorno l'avvio
dell'operazione Overlord, anche se questa fu poi spostata al 6
giugno a causa del maltempo che imperversava sulla Manica:
liberata la capitale, la campagna d'Italia passò in secondo
piano nella strategia globale alleata. Tuttavia Clark, dominato
dal sospetto e dall'ossessione di conquistare Roma, aveva agito
in maniera poco efficace, perché se avesse mantenuto la
pressione su Valmontone dopo il 26 maggio non solo avrebbe
raggiunto la meta molto più in fretta, ma avrebbe anche
annientato gran parte della X Armata. Essa infatti, nonostante
la sconfitta, aveva mantenuto la propria coesione e non era
caduta preda della disorganizzazione come aveva sperato il
maresciallo Alexander; condusse anzi un'abile ritirata e,
ricevuti alcuni rinforzi, fu capace di rallentare
considerevolmente le divisioni anglo-statunitensi dapprima sulla
linea dell'Arno e poi, nei mesi invernali, tra i contrafforti
degli Appennini dove si snodava la linea Gotica.
Il tentativo degli Alleati di tagliare con una sortita dalla
testa di ponte di Anzio la ritirata della X Armata e soprattutto
del XIV Corpo corazzato era fallito, ma secondo il generale von
Senger questo non significò che il piano di Alexander, che
prevedeva un attacco in forze contro Valmontone, avrebbe avuto
successo. Questi, nel progettare l'offensiva di maggio, si era
ovviamente posto la domanda se e quando sarebbe stato utile
effettuare la conversione per separare la molto arretrata X
Armata dalla XIV Armata e quindi interrompere le sue vie di
ritirata, intraprendendo allo stesso tempo l'inseguimento della
14ª Armata. Per sventare questa minaccia il XIV Panzerkorps
ebbe, il 1º giugno, l'ordine di sganciarsi e presidiare prima di
tutto Tivoli per proteggere il fianco destro dell'armata e,
successivamente, dirigersi verso il Tevere per presidiarne i
passaggi a nord fino a Orvieto, per impedire agli Alleati di
attraversare il fiume. Iniziò così una sorta di gara tra la V
Armata di Clark e il XIV Panzerkorps impegnato a proteggere il
fianco della sua armata, lungo il settore tirrenico. In
occasione dello sfondamento della V Armata in direzione di Roma,
il generale Clark aveva frettolosamente annunciato che «una
delle due armate di Kesselring non combatteva più». Ma la
dichiarazione si rivelò quanto mai inesatta, in quanto gli
americani non riuscirono mai, durante l'inseguimento, a
scavalcare i tedeschi; fu invece assai più corretta una
pubblicazione del Dipartimento della Guerra degli Stati Uniti,
scritta durante la guerra: «La X e la XIV Armata del maresciallo
Kesselring, la cui distruzione era stata l'obiettivo della
battaglia in Italia, non vennero annientate, ma si ritirarono
affrettatamente dopo aver subito gravi perdite».
Analisi e conseguenze
L'operazione Shingle, con la quale gli Alleati avrebbero
«piantato un pugnale nel fianco destro di Kesselring»,
rappresentò l'unico tentativo di sbarcare alle spalle del fronte
tedesco in Italia e fin dall'inizio non si svolse secondo le
previsioni dei comandi anglo-americani e del primo ministro
Churchill. L'attacco non si giovò neppure di un effetto sorpresa
strategico poiché la Luftwaffe, nonostante le innegabili
difficoltà in cui si dibatteva, ai primi di gennaio riuscì a
scattare alcune fotografie aeree del porto di Napoli, dove
furono individuati movimenti che facevano pensare a un imminente
attacco anfibio. Il feldmaresciallo Kesselring, dunque, aggiornò
la pianificazione prevista in caso di sbarco e richiamò rinforzi
dal versante adriatico; tuttavia il primo attacco degli Alleati
nel settore di Cassino (12 gennaio), trasformatosi il 18 in
un'offensiva generale su tutta la linea del Garigliano, fece sì
che Kesselring concedesse queste riserve al preoccupato generale
von Vietinghoff, consentendo al VI Corpo d'armata di sbarcare
incontrastato e stabilire senza problemi una testa di ponte. Il
generale Kurt Jahn, intervistato nel dopoguerra dallo storico
britannico Basil Liddell Hart, disse a proposito: «Al momento
dello sbarco c'erano in zona soltanto due battaglioni tedeschi.
Le truppe alleate avrebbero potuto facilmente raggiungere i
Colli Albani». Inoltre sarebbe stato impossibile far affluire
truppe sufficienti per contendere agli anglo-statunitensi i
Colli, via di transito dei rinforzi e dei rifornimenti per le
divisioni schierate sulla linea Gustav: tuttavia il VI Corpo
rimase immobile. La scarsa aggressività alleata permise al
comando tedesco di attivare ed eseguire in tempo il previsto
piano di contenimento, tanto che la sera del 25 gennaio
Kesselring e il suo stato maggiore si resero conto che «il
pericolo acuto di uno sfondamento in direzione di Roma o
Valmontone è passato». Gli Alleati passarono all'offensiva
tardivamente e i tedeschi non ebbero problemi a respingerli,
benché il VI Corpo disponesse ad Anzio e Nettuno di quasi cinque
divisioni con tutto il loro materiale. Kesselring era riuscito a
trasferire nel settore forze quasi eguali, tra cui una divisione
proveniente dall'Italia settentrionale e una dalla Francia; a
dirigere queste forze riunite nel comando della XIV Armata fu
designato il generale von Mackensen, che dall'inizio di febbraio
contrattaccò in varie occasioni mettendo in seria difficoltà le
forze alleate.
La controffensiva (operazione Fischfang) del 16 febbraio fu
ordinata dallo stesso Hitler, sicuro che ci fosse la possibilità
di infliggere una pesante sconfitta agli Alleati e dimostrare
loro, così come al popolo tedesco, che ogni sbarco avrebbe
potuto essere ricacciato in mare; egli sperava anche di
rassicurare la popolazione tedesca in merito alla intatta
capacità della Wehrmacht di respingere un'invasione dell'Europa
settentrionale. Il contrattacco fallì, ma il VI Corpo rimase in
una situazione molto precaria; il generale Lucas fu ritenuto
responsabile e il 23 febbraio fu destituito: fu accusato di aver
sbarcato un'eccessiva quantità di uomini e mezzi in una testa di
ponte troppo angusta, creando così le premesse di una perdurante
confusione organizzativa, e di aver mancato di aggressività e
determinazione. Il generale Truscott spese i successivi tre mesi
nella riorganizzazione, morale e materiale, delle divisioni
alleate, raddoppiando i suoi effettivi ad Anzio; anche più a
sud, dopo che due attacchi tra febbraio e marzo si erano
infranti sulla linea Gustav con pesanti perdite, l'alto comando
alleato assunse un atteggiamento difensivo e iniziò la
preparazione di una nuova offensiva per il mese di maggio
(operazione Diadem).
Nonostante dimostrassero una straordinaria capacità di ripresa,
le forze tedesche avevano sofferto enormi perdite umane e
materiali durante gli scontri di Cassino e, al momento della
quarta offensiva di maggio, erano in condizioni difficili, tanto
che Kesselring ai primi di maggio ritirò dalla linea Gustav tre
divisioni corazzate e meccanizzate e le disperse, in parte per
riequipaggiarsi, sorvegliare le spiagge e rinforzare in caso di
necessità la X o la XIV Armata. Il feldmaresciallo si rendeva
conto che l'arrivo della bella stagione avrebbe consentito agli
Alleati di sferrare una nuova offensiva a Cassino e Anzio:
perciò, in ottemperanza alla tattica di difesa in profondità che
aveva utilizzato efficacemente già da Salerno, distribuì le
proprie forze in modo tale che queste non rimanessero
imbottigliate e accerchiate, proteggendo le vie di ritirata. In
Italia non giunsero nuove formazioni tedesche alla conclusione
dell'offensiva invernale, chiaro segnale che la campagna,
intrapresa dagli Alleati proprio per distogliere le riserve
tedesche dai fronti orientale e soprattutto occidentale, aveva
mancato il suo fine strategico. Gli alti comandi
anglo-americani, anzi, furono costretti a impegnarvi sempre più
energie, uomini e mezzi, tanto più che l'attività partigiana
italiana a quel tempo era disorganizzata e non creò grossi
problemi a Kesselring, che alle azioni di rappresaglia e
repressione destinò le formazioni della RSI (come le Brigate
Nere) senza distogliere forze tedesche dal fronte. Infine il
comandante tedesco seppe approfittare delle divergenze alleate
per bloccare l'inizio di penetrazione verso Valmontone e trarre
in salvo la quasi totalità della X Armata; l'inseguimento
successivo, effettuato dagli Alleati con le truppe provenienti
dalla testa di ponte, non raggiunse la premessa operativa
prevista: essi persero il vantaggio della favorevole situazione
di partenza quando i tedeschi frustrarono le puntate offensive
da Anzio. La massa delle truppe tedesche, in virtù della
mobilità derivante dalla motorizzazione, fu ripetutamente in
grado di formare linee di resistenza che, per quanto poco
consistenti, rallentarono la progressione anglo-statunitense e
secondo il generale von Senger questa determinazione, nonostante
la situazione sfavorevole della Germania, impose una ritirata
combattuta che si protrasse per anni, permettendo al difensore
di «cullarsi nella fallace illusione strategica di non essere
stato battuto definitivamente da una manovra di aggiramento».
Retrospettivamente egli affermò, nel suo libro di memorie, che
gli Alleati non si rendevano ancora conto delle possibilità
offerte dalle operazioni di sbarco; in qualsiasi punto della
costa italiana avrebbero potuto aggirare lo schieramento
tedesco, inferiore sul mare e nell'aria. Tuttavia
l'imprescindibile necessità di una copertura aerea limitò la
pianificazione a quei luoghi compresi nel raggio d'azione degli
apparecchi da caccia, di autonomia non particolarmente estesa.
Diventa dunque lecito, in questo frangente, chiedersi se uno
sbarco in Sardegna o in Corsica, anziché a Salerno, non avrebbe
fatto prendere una piega completamente diversa alla campagna. Le
due isole erano infatti portaerei naturali e da esse
l'aeronautica alleata avrebbe potuto operare nell'area
di Livorno, rendendovi possibile uno sbarco. Secondo von Senger
gli Alleati sarebbero così stati in grado di abbreviare di un
anno almeno la dura campagna.
Lo sbarco di Anzio fu caratterizzato dall'inerzia iniziale di
Lucas, atteggiamento che attirò l'attenzione di tutti gli
storici e degli stessi generali nel giudizio sull'esito della
battaglia. Il generale non ricevette mai disposizioni precise né
da Alexander né da Clark. L'intenzione dei comandanti era quella
di tagliare le linee di comunicazione dei tedeschi e
costringerli ad abbandonare la Gustav o creare una posizione
fortificata dietro alle linee nemiche, con il compito di
distruggerle, permettendo così lo sfondamento della Gustav? Nel
primo caso le truppe alleate sarebbero dovute avanzare verso
l'entroterra, nel secondo avrebbero dovuto rinforzare il settore
della testa di sbarco, attendere le forze nemiche e attaccarle
in modo decisivo. Lucas, dubbioso, optò per un compromesso:
all'inizio attese e poi, sotto la pressione dei comandanti
superiori, partì all'attacco quando ormai era chiaro che i
tedeschi avevano schierato forze fresche senza sguarnire la
Gustav.
Dal canto loro i generali Alexander e Clark non furono chiari
nel diramare gli ordini. Il 12 febbraio Alexander emanò la
direttiva per Shingle che ordinava di avanzare sui Colli Albani,
ma non specificava di dover iniziare i combattimenti per una
battaglia decisiva verso Roma o contro le forze tedesche sulla
Gustav. Solo nelle sue memorie Alexander spiegò che: «ci si
aspettava che Lucas [...] avanzasse con un reggimento verso i
Colli Albani dopo la presa di Anzio» ammettendo così che
la sola idea di una minaccia contro le linee di comunicazione
tedesche, sebbene fosse in larga parte un diversivo, sarebbe
stata sufficiente per imporre una ritirata dalla Gustav. Clark
non discusse gli ordini e Alexander, memore dell'esperienza
bruciante di Salerno, si preoccupò soprattutto di dotare le
forze di sbarco di un nutrito contingente in previsione di una
probabile battaglia nell'immediato retroterra delle spiagge. Il
comandante in capo si preoccupò inoltre di far partecipare un
buon numero di forze britanniche, in modo tale da «condividere
le sofferenze», anche se dal punto di vista di Clark i
britannici vollero mandare una divisione ad Anzio solo per
essere presenti a un'eventuale conquista di Roma e spartirsi il
trionfo.
A rendere ancor più vaga la posizione di Alexander fu la sua
sibillina affermazione alla conclusione della visita alla testa
di sbarco: egli si disse «molto soddisfatto», anche se non
precisò se lo fosse per lo svolgimento dell'operazione o per la
decisione di Lucas di attenersi al progetto di prepararsi a un
contrattacco. Il comandante americano, d'altro canto, ebbe
l'impressione che Alexander fosse molto soddisfatto di lui e
annotò sul suo diario che il comandante in capo pensava che
avesse fatto «un ottimo lavoro». Lo stesso Clark ebbe non poche
esitazioni a spingere Lucas in un'azione audace il primo giorno
di sbarco; anch'egli rimembrò le difficoltà patite a Salerno ed
emanò direttive vaghe, in cui sosteneva che Lucas avrebbe dovuto
agire «in modo da non costringerlo ad avanzare col rischio di
sacrificare il VI Corpo». Quali che fossero le loro ragioni per
non spronare Lucas all'azione, Alexander e Clark tornarono ai
rispettivi quartier generali nel pomeriggio del 22, dando
l'impressione di approvare i progressi sino ad allora compiuti
e, soprattutto, la tattica temporeggiatrice di Lucas.
Rimase però incontrovertibile che, con appena due divisioni, il
giorno stesso dello sbarco il generale Lucas non aveva forze
sufficienti a portare a termine il compito che gli era stato
assegnato: nonostante l'impegno di Churchill al riguardo, gli
alti comandi lesinarono le risorse soprattutto perché gli
americani mantennero il loro scetticismo circa l'intera campagna
d'Italia. Per loro non era un «secondo fronte», così misero in
campo poche risorse e per un periodo di tempo limitato (compresi
i fondamentali LST); mancavano poi capi determinati: se
Churchill era temerario e ottimista, Lucas fu cauto e pessimista
fin dall'inizio e se i Colli Albani erano fuori portata nei
primi giorni, Lucas avrebbe potuto contare sulla totale sorpresa
e occupare facilmente Campoleone e Cisterna il primo giorno e
fatto, nonché inviare in profondità le pattuglie. Questo modo di
operare avrebbe sicuramente creato una testa di sbarco più ampia
e salda e avrebbe perlomeno messo in imbarazzo i tedeschi,
complicando e ritardando il concentramento di truppe che il
feldmaresciallo Kesselring, invece, attivò subito. Nel caso si
fosse agito con maggiore fermezza, secondo Vaughan-Thomas, si
sarebbero potute evitare molte sofferenze agli uomini sbarcati
nella testa di ponte e reso probabilmente più rapida l'avanzata
verso Roma. La sortita ad Anzio, comunque, non fu un fallimento
totale e la testa di ponte, per quanto attaccata e bersagliata,
fu mantenuta integra da una resistenza caparbia e concorse
infine all'impatto complessivo dell'offensiva finale di maggio.
Lo stesso Kesselring ammise durante un'intervista al The
Washington Post: «Se non aveste messo a prova la vostra
forza contro di noi ad Anzio, non sareste mai passati dalla
Francia settentrionale». Infatti molte delle esperienze
acquisite sul fronte di Anzio servirono utilmente gli uomini che
il 6 giugno successivo condussero lo sbarco in Normandia. |
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