L'ABBAZIA DI MONTECASSINO
Fondata nel 529 da San Benedetto
da Norcia sul luogo di un'antica torre e di un tempio dedicato
ad Apollo, situato a 519 metri sul livello del mare, ha subito
nel corso della sua storia un'alterna vicenda di distruzioni,
saccheggi, terremoti e successive ricostruzioni. Nel 577,
durante l'invasione dei Longobardi, il monastero venne distrutto
per la prima volta e la comunità dei monaci, con le spoglie del
santo fondatore, dovette riparare a Roma. Ricostruita intorno
al 718 sotto l'impulso di Petronace di Montecassino, l'abbazia
venne distrutta una seconda volta dai Saraceni nell'883, venendo
riedificata per volere di papa Agapito II solo nel 949. Per
tutto il medioevo, l'abbazia fu un centro vivissimo di cultura
attraverso i suoi abati, le sue biblioteche, i suoi archivi, le
scuole scrittorie e miniaturistiche, che trascrissero e
conservarono molte opere dell'antichità.
Testimonianze storiche del più
alto interesse e di sicura validità sono state raccolte e
tramandate a Montecassino: dai primi preziosi documenti
in lingua volgare ai famosi codici miniati cassinesi, ai
preziosi e rarissimi incunaboli.
Il più illustre dei suoi abati fu
forse Desiderio - il futuro papa Vittore III (sepolto
nell'abbazia stessa) - che alla fine dell'XI secolo fece
ricostruire completamente l'abbazia ed ornò la chiesa di
preziosissimi affreschi e mosaici, il cui riflesso si può ancora
oggi scorgere in quelli che lo stesso abate fece eseguire
in Sant'Angelo in Formis.
Dal Chronicon
cassinese di Leone
Marsicano sappiamo che l'abate Desiderio impiegò sforzi e
capitali notevoli per la ricostruzione della chiesa abbaziale,
compiuta nei soli cinque anni dal 1066 al 1071, utilizzando
materiali lapidei provenienti da Roma e facendo venire da
Bisanzio anche mosaicisti e artefici vari. La maggior parte
delle decorazioni - della chiesa e dei nuovi ambienti del
monastero successivamente riedificati - erano costituite da
pitture, oggi in maggior parte perdute e delle cui conosciamo
soltanto alcuni soggetti, come le Storie dell'Antico e Nuovo
Testamento nell'atrio, di cui si conservano interamente i tituli scritti
dall'arcivescovo di Salerno Alfano.
Il ricorso a mosaicisti bizantini
era motivato, come si legge nella Chronica, poiché: «da
più di cinquecento anni i maestri latini avevano tralasciato la
pratica di tali arti e per l'impegno di quest'uomo ispirato ed
aiutato da Dio esse furono rimesse in vigore in questo nostro
tempo», inoltre, «affinché la loro conoscenza non cadesse
ancora oltre in oblio in Italia, quell'uomo pieno di sapienza
decise che molti giovani del monastero fossero con ogni
diligenza iniziati in tali arti. Tuttavia non solo in questo
campo, ma anche per tutti i lavori artistici che si possono
compiere con oro, argento, bronzo, ferro, vetro, avorio, legno,
gesso o pietra, fece venire i migliori artisti selezionati dai
suoi monaci».
Distrutta da
un terremoto nel 1349 e nuovamente ricostruita nel 1366,
l'abbazia assunse nel XVII secolo l'aspetto tipico di un
monumento barocco napoletano, grazie anche alle decorazioni
pittoriche di numerosi artisti tra i quali Luca
Giordano, Francesco Solimena, Francesco de Mura, Giovanni de
Matteis. Fra il 1930 e il 1943 il monastero era raggiungibile
grazie alla funivia di Cassino, distrutta durante la seconda
guerra mondiale.
In
queste forme era giunto fino a noi l'antico monastero prima che
nel 18 febbraio del 1944, durante la seconda fase
della battaglia di Montecassino, un bombardamento massiccio
delle forze alleate, che vi sospettavano erroneamente la
presenza di reparti tedeschi, lo distruggesse nuovamente.
Il
bombardamento cominciò la mattina del 15 febbraio e ben 142
bombardieri pesanti e 114 bombardieri medi rasero al suolo
l'abbazia. Nel corso di questo trovarono la morte numerosi
civili che avevano cercato rifugio all'interno dell'edificio,
mentre all'esterno furono uccisi dalle bombe diversi soldati
tedeschi e anche quaranta soldati della divisione indiana. Al
bombardamento partecipò il soldato Walter M. Miller, futuro
scrittore, che proprio da questa sua esperienza trasse
l'ispirazione per la sua opera più importante, Un
cantico per Leibowitz.
Per merito
dell'allora Arciabate Gregorio Diamare, e del colonnello Julius
Schlegel della Divisione corazzata "Hermann Göring", l'archivio
ed i più preziosi documenti bibliografici furono posti in salvo.
Il bombardamento si rivelò un tragico errore di tattica
militare. Secondo lo storico Herbert Bloch, il bombardamento non
fu solo un'operazione inutile dal punto di vista militare ma
anche estremamente dannosa dal punto di vista strategico: Bloch
sosteneva che le macerie del bombardamento, occupate subito dai
tedeschi, avevano offerto un prezioso riparo, che consentì loro
di tenere a lungo quella posizione, dalla quale poterono
bersagliare le truppe alleate, infliggendo gravissime perdite a
chiunque tentasse di superare la linea Gustav. La ricostruzione,
iniziata subito dopo la fine della guerra, ha mirato ad una
riproduzione esatta delle architetture distrutte.
Il restauro fu realizzato
dal 1948 al 1956 sotto la direzione dell'ingegner Giuseppe
Breccia Fratadocchi, che realizzò una ricostruzione dell'interno
dell'abbazia con spazi ciechi e muti tra le cornici delle volte.
Il compito di fondere le campane
dell'abbazia fu assegnato nel 1949 alla Pontificia Fonderia di
Campane Marinelli di Agnone. Negli anni ottanta furono
commissionati una serie di affreschi a Pietro
Annigoni dall'abate Fabio Bernardo D'Onorio. Alla realizzazione
del ciclo pittorico parteciparono vari allievi del maestro fra
cui Romano Stefanelli, Ben Long e Silvestro Pistolesi. Papa
Benedetto XVI si è recato in visita a Montecassino il 24
maggio 2009, nel 65º anniversario della distruzione
dell'abbazia. Il pontefice
ha pregato sulla tomba del santo, ricordandone
l'importanza nella formazione culturale europea. |






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